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 Meccanica del mezzo continuo e dei materiali

AREA I - ARTE TECNICO-SCIENTIFICA (ATS)

Cap. ATS-H01 - Meccanica - Pag. ATS-H01.06

Gli argomenti trattati sono stati inseriti da Ing. Arch. Michele Cuzzoni nel 2012 - © Copyright 2007- 2024 - e sono desunti dalla documentazione indicata in Bibliografia a fondo pagina


 

Plasticità nei Materiali

 

INDICE:

 

I materiali plastici possiedono la proprietà di conservare una deformazione in modo permanente una deformazione, anche dopo aver rimosso le forze applicate. Studiando la plasticità è necessario ricavare il valore limite dello sforzo, chiamato tensione di snervamento, che divide il comportamento del materiale da reversibile a irreversibile.

Definizione di tensione di snervamento: valore di tensione che comporta una deformazione permanente pari allo 0,2 % (in determinati casi tale valore può essere pari allo 0,1 % o allo 0,5%).

 

Aspetti esteriori della plasticità dei materiali.

Nella Fig. H01.06- A si osservano le curve sforzo-deformazione del comportamento meccanico dei materiali sottoposti a trazione semplice.

 

Figura H01.06- A: Curve sforzo-deformazione di trazione semplice.

 

Descrizione delle curve:

1) Curva a): è il comportamento dei materiali fragili (ceramica, ghisa). LA tensione di snervamento coincide con lo sforzo di cedimento.

2) Curva b): è il comportamento dell'acciaio ad alto contenuto di carbonio. Il regime di risposta lineare (reversibilità) finisce nel punto A e definisce la tensione di snervamento.

3) Curva c): è il comportamento dell'acciaio con basso contenuto di carbonio, dei materiali metallici (rame, alluminio). Lo snervamento A è superiore al caso b); vi è un punto B di snervamento inferiore a cui segue l'inizio della deformazione plastica (nel tratto BC vi è una deformazione crescente a tensione costante).

4) Curva d): è il comportamento di materiali duttili. E' difficile individuare lo snervamento. La tensione corrispondente è definita in base a un valore della deformazione permanente stabilito per convenzione.

 

Nelle curve (b), (c) e (d) la frattura avviene dopo una grande deformazione plastica, durante la quale lo sforzo applicato dapprima aumenta, ma successivamente diminuisce. Il valore massimo rappresenta per convenzione il carico di rottura del materiale, mentre il valore cui avviene l’effettiva rottura del materiale è detto carico ultimo.

 

INDICE

 

Incrudimento

Nei materiali plastici la curva sforzo-deformazione cresce ancora dopo il punto di snervamento, benché abbia pendenza inferiore rispetto alla fase reversibile: questo andamento si chiama incrudimento ed è una caratteristica propria di tutti i metalli anche se si manifesta in modo diverso da metallo a metallo. L'incrudimento è funzione della temperatura e della velocità di deformazione.

Per comprendere l'incrudimento nei materiali plastici, si pensi di applicare una serie di cicli di tensione-rilascio consecutivi a un certo materiale metallico. Dopo ogni rilascio, il ciclo successivo di tensione corrisponde a un valore di snervamento più alto. Si veda l'esempio in Fig. H01.06- B.

Figura H01.06- B: Ciclo di tensione-rilascio su un materiale plastico. Punto A = scarico, punto B = deformazione permanente del primo ciclo.

Punto S1 = sforzo di snervamento 1° ciclo - Punto S2 sforzo di snervamento 2° ciclo.

Togliendo lo sforzo nel punto A, il metallo torna in B. Da B parte il nuovo carico che aumenta la deformazione fino al punto S2, con pendenza parallela a quella del tratto OS1.

 

INDICE

 

Limite di plasticità e superficie di snervamento

Il tensore degli sforzi è simmetrico quindi per ogni punto di un certo materiale è sempre possibile definire un sistema di riferimento rispetto a cui il tensore è diagonale; in questo caso il tensore si può scrivere così:

   [H01.06 - 01]

In linguaggio matematico σ1, σ2, σ3 sono gli autovalori del tensore (che sono invarianti anche cambiando sistema) e si chiamano tensioni principali.  Nei materiali isotropi l'immagine del dominio elastico (curva sforzi-deformazioni di andamento lineare e reversibile) si può indicare in funzione delle sole tensioni principali: si dimostra che esiste una funzione f(σ1, σ2, σ3) per cui:

1) f(σ1, σ2, σ3) < 0  - esprime il comportamento lineare reversibile.

2) f(σ1, σ2, σ3) = 0  - esprime il limite oltre al quale si hanno fenomeni plastici.

 

La condizione 2) delimita la superficie limite o superficie di snervamento che ha questa proprietà: per sforzi applicati esterni alla superficie di snervamento, il materiale ha comportamento plastico; per sforzi interni il materiale assume carattere elastico. Essa ha forma allungata con asse parallelo a retta σ1 = σ2 = σ3.

Gli sforzi che giacciono sull'asse σ1 = σ2 = σ3 sono interni alla superficie limite, infatti corrispondono a sforzi idrostatici che comportano variazione di volume, mentre è noto che le deformazioni plastiche permanenti non sono caratterizzate da variazioni di volume.

Figura H01.06- C: Superficie di snervamento per un materiale a due dimensioni. Il valore C è il valore massimo imposto a τmax .

Se si considera uno sforzo descritto da σ1, σ2, σ3, si può verificare che lo sforzo di taglio massimo interno al materiale è dato da:

τ max = max { | ( σ1 - σ2 ) /2 |  , | ( σ1 - σ3 ) /2 | , | ( σ2 - σ3 ) /2 | }     [H01.06 - 02]

La superficie limite è data da: | ( σ1 - σ2 ) /2 |  , | ( σ1 - σ3 ) /2 | , | ( σ2 - σ3 ) /2 | .

Nella figura H01.06-C, lo sforzo tangenziale massimo è dato da: τ max =  | ( σ1 - σ2 ) /2 | . Si ponga questo valore come soglia. Allora si ottiene:

| σ1 - σ2 | < 2C      cioè:     - 2C < σ1 - σ2  < + 2C

Questa relazione delinea le due rette tratteggiate della figura H01.06-C e lo spazio all'interno è la regione di risposta elastica. Nel campo 3D la superficie di risposta elastica è quella che ha asse σ1 = σ2 = σ3.

Per memorizzare correttamente il concetto di τmax si pensi di applicare al mezzo di fig. H01.06-D uno sforzo di trazione semplice delineato dal tensore:

[H01.06 - 03]

Si consideri una superficie π interna al mezzo, descritta dal versore normale . Si può scrivere che la forza per unità di superficie sul piano π è:

[H01.06 - 04]

in cui sono evidenziati i coseni direttori del versore = {n1, n2, n3}. La forza per unità di superficie si può scomporre nella componente normale e in una parallela al piano π:

Figura H01.06- D: Definizione di sforzo tangenziale  in un esperimento di semplice trazione (a-b).

Slittamento generato da un valore di sforzo tangenziale oltre il limite di snervamento del materiale (c).

Il modulo della forza normale al piano π è dato da:

  [H01.06 - 05]

essendo: , si ha:

  [H01.06 - 06]

La funzione: del termine di destra nella parte finale della [H01.06 - 06] ha valore massimo per (con n1 coseno direttore tale che: −1 < n1 < +1). Pertanto, esiste un valore massimo per la componente di forza parallela al piano π che si definisce sforzo di taglio massimo e che risulta data da:

  [H01.06 - 07]

Su qualsiasi piano interno ad un materiale sottoposto a uno sforzo arbitrario agisce uno sforzo di taglio τ. Con particolari condizioni di carico, il valore di τ può generare uno slittamento lungo il piano di sforzo se il materiale cede in questa posizione. Si osservi la Figura H01.06- D: in questo caso questa è la condizione di snervamento e si comprende la definizione di superficie limite in termini del valore massimo di τmax di sforzo di taglio interno.

Esistono diversi criteri per quantificare il limite di plasticità o superficie di snervamento, i più importanti sono:

[H01.06 - 08]

  [H01.06 - 09]

INDICE

 

Plasticità microscopica

Il reticolo cristallino dei materiali reali possiede molti difetti strutturali:

  • difetti puntuali - vacanze ed interstiziali, equivalenti rispettivamente ad un atomo mancante, oppure alla presenza in posizione extra-reticolare di un atomo in eccesso;

  • difetti estesi - bordi di grano e dislocazioni, equivalenti rispettivamente a filari atomici in eccesso (rispetto alla normale struttura del reticolo cristallino), oppure all’interfaccia da grani cristallini differentemente orientati nello spazio.

Tra tutti questi difetti, le dislocazioni sono il mediatore microscopico della plasticità. Esse favoriscono lo slittamento di alcuni piani reticolari rispetto ad altri, generando deformazioni permanenti nel reticolo stesso (si veda la Figura H01.06- D).

Le dislocazioni interagiscono con tutti gli altri difetti presenti nel reticolo che offrono un ostacolo al movimento delle dislocazioni stesse. Il moto di una dislocazione  avviene per superamento di barriere energetiche create dal reticolo stesso e dai suoi difetti.

La tensione di snervamento è uguale valore di sforzo di taglio interno che si deve esercitare su un materiale affinché le sue dislocazioni possano superare le barriere energetiche e muoversi.

Il fenomeno dell’incrudimento corrisponde al fatto che il moto di una dislocazione genera altre dislocazioni, cosa che rende sempre più difficile il suo movimento. Si richiede, allora, un incremento di tensione per produrre ulteriore deformazione (cioè ulteriore movimento di dislocazioni).

 

INDICE

 


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Bibliografia

 

Bib-TS-147 - Michele Cuzzoni, Appunti di Scienza delle Costruzioni - Università degli Studi di Pavia - Facoltà di Ingegneria - AA. 1995 - 1996

Bib-TS-148 - Michele Cuzzoni, Appunti di Tecnica delle Costruzioni - Università degli Studi di Pavia - Facoltà di Ingegneria - AA. 1996 - 1997.

 

 

 

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