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 Teoria musicale

AREA I - ARTE TECNICO-SCIENTIFICA (ATS)

Cap. ATS-E03 - Musica - Pag. ATS-E03.03

Gli argomenti trattati sono stati inseriti da Ing. Arch. Michele Cuzzoni nel 2009 - © Copyright 2007- 2024 - e sono desunti dalla documentazione indicata in Bibliografia a fondo pagina


 

 

Il Timbro di un suono

   

INDICE:

 

Il timbro di un suono

Una definizione comunemente accettata di timbro è la seguente:

il timbro è la qualità percepita di un suono che ci permette di distinguere due suoni che hanno la stessa altezza e la stessa intensità.

In parole più semplici il timbro è la qualità del suono che ci permette di distinguere la voce di un violino da quella di un flauto, quando i due strumenti stiano emettendo una stessa nota.

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Quali fattori determinano il timbro percepito? Una risposta "statica"

La risposta a questa domanda diventa estremamente intricata non appena si cerca di definire il timbro non in base a quello che permette di fare (distinguere i diversi strumenti musicali) ma in base a parametri oggettivi e misurabili.

  • Una prima risposta che spesso si legge è che il timbro di uno strumento è dovuto, in larghissima parte, alla composizione spettrale del suono che esso emette. Il concetto di contenuto spettrale è complesso. Semplificando potremmo dire che quando uno strumento emette una nota di una determinata frequenza esso, a causa dei vincoli imposti dalla "geometria" delle parti oscillanti degli strumenti musicali, genera, insieme alla nota fondamentale, più note di frequenza multipla intera della fondamentale (armoniche).

Lo spettro dei diversi strumenti differisce per la diversa distribuzione dell'energia (e quindi delle ampiezze) tra la nota fondamentale e le armoniche superiori.

  • Ad ogni composizione spettrale corrisponde una ben precisa forma d'onda ottenuta "sommando" le varie armoniche (procedimento chiamato sintesi, quindi potremmo dire in modo più immediato che il timbro di uno strumento è dovuto, in larghissima parte, alla forma d'onda del suono che esso emette.

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Una risposta dinamica

Il fatto è che il suono è già di per sé un'entità "vivente", e segue una parabola ben delineata e scandita da diverse fasi temporali: generalmente

  1. un attacco,

  2. una fase di "regime"

  3. una di decadimento.

Durante queste fasi il contenuto spettrale del suono emesso varia nel tempo.

Gli spettri che "fotografano" il contenuto spettrale medio nel tempo di tutta la durata del suono, sono del tutto insufficienti a rendere ragione della complessa percezione del timbro. Sarebbe come avere la pretesa di comprendere un film osservandone un unico fotogramma.

Gli spettri "statici" forniscono una discreta approssimazione del timbro reale solo per la fase di regime degli strumenti ad evoluzione controllata (archi, fiati) nei quali è possibile "far durare" il suono. Anche se le fasi di attacco e di decadimento contribuiscono sempre alla determinazione del timbro, il suono prodotto dagli strumenti ad evoluzione controllata può essere mantenuto stazionario e prolungato a piacere.

Negli strumenti percussivi, invece, il suono, dopo essere stato generato non è più sotto il controllo dell'esecutore, ma subisce un'evoluzione libera. Il loro timbro non può in nessun caso essere sintetizzato a partire da uno spettro statico.

  • Ricordiamo anche che un suono reale contiene parziali anarmoniche (non multiple della fondamentale) generate dai "rumori" meccanici delle parti mobili degli strumenti. Anzi, a detta di molti, sono proprio questi piccoli rumori a rendere meno freddo il suono prodotto da uno strumento rispetto a quello sintetizzato.

Da queste considerazioni emerge una risposta alla domanda iniziale molto più articolata seppur, non ancora soddisfacente: il timbro di uno strumento è determinato dall'evoluzione del contenuto spettrale del suono nel tempo. In effetti nell'analisi timbrica dei suoni si rivelano di fondamentale importanza i sonogrammi che non sono altro che la rappresentazione dell'evoluzione temporale dello spettro del suono (come un film è un insieme di fotogrammi).

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Il concetto di inviluppo

L'utilizzo dei sonogrammi per cogliere l'evoluzione temporale del timbro viene spesso affiancata dall'analisi dell'inviluppo del suono prodotto. Con tale termine intendiamo indicare l'evoluzione dell'ampiezza dell'onda sonora nel tempo (i musicisti usano in luogo dell'ampiezza, il termine dinamica). Nell'inviluppo di un suono si distinguono sempre quattro fasi (non sempre tutte presenti):

1) Attacco (attack) che corrisponde alla fase iniziale del suono e dura fino al momento in cui l'onda sonora ha raggiunto la massima ampiezza. Esso può essere molto rapido come negli strumenti a percussione e nel pianoforte (della durata di circa 1/100 di secondo) o maggiormente diluito nel tempo. Negli strumenti ad arco e a fiato l'esecutore può variare, a seconda delle esigenze musicali, i vari tipi di attacco modulandone la durata e le modalità di raggiungimento del picco di energia. È ovvio che ogni suono ha una fase di attacco, in quanto ogni sistema fisico vibrante risponde con un tempo caratteristico: il tempo necessario all'instaurarsi delle onde stazionarie, o all'affermarsi di un particolare modo di vibrazione del sistema.

 

2) Decadimento (decay), detto anche decadimento iniziale o primo decadimento. Esso è presente in quegli strumenti (es. tromba) in cui il suono scatta solo se un determinato parametro fisico (ad esempio pressione del soffio) supera una certa soglia. In tale casi il musicista corregge leggermente lo "scatto" dovuto al superamento della soglia, determinando, prima della fase di stabilizzazione del suono, una breve diminuzione dell'ampiezza.

 

3) Tenuta (sustain). È la fase in cui il suono rimane stabile mentre l'esecutore continua a fornire energia. Ovviamente tale fase non esiste negli strumenti a evoluzione libera. È interessante osservare che tale fase sembra la più facilmente riproducibile da un sintetizzatore elettronico. In realtà nella fase di sustain l'esecutore introduce fatalmente qualche involontaria fluttuazione in ampiezza che caratterizza il suono da strumenti "veri" rispetto a quelli elettronici.

 

4) Rilascio (release), detto anche decadimento finale - È la fase che inizia nel momento in cui l'esecutore smette di dare energia e il suono decade più o meno rapidamente. Tale fase può essere anche molto lunga negli strumenti a evoluzione libera (si pensi alle note base di un pianoforte, o al suono di una campana), mentre di solito è breve in quelli a evoluzione controllata. Ovviamente tutti i suoni hanno un rilascio.

 

I moderni sintetizzatori elettronici hanno una "circuiteria" finalizzata alla miscelazione di queste quattro fasi e del contenuto spettrale secondo parametri facilmente regolabili dall'esecutore. Il controllo timbrico raggiunto in tali strumenti ormai non è più finalizzato alla resa del suono di strumenti tradizionali; il suono "elettronico" ha ormai una sua esistenza autonoma (si compone ormai musica per sintetizzatori) che si arricchisce della possibilità (teoricamente illimitata) di costruire forme d'onda non generate dagli strumenti tradizionali.

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La teoria delle formanti

 

  • I sonogrammi di suoni di altezza differente generati da uno stesso strumento hanno evoluzione temporale differente, cioè non si ottengono semplicemente "traslando" le frequenze: ciò a causa della diversa evoluzione temporale delle varie armoniche costituenti i vari suoni;

 

 

 

Evidente c'è qualcos'altro che ci consente di individuare uno strumento che non sia solo l'evoluzione del contenuto spettrale del suono nel tempo. È quanto suggerisce la teoria delle formanti.

Uno strumento musicale, dal punto di vista di un fisico è semplicemente un sistema atto a generare onde sonore ed irradiarle nell'ambiente. In particolare esso si compone (almeno) di:

  • Una sorgente primaria di vibrazione (corda, membrana, lastra, aria) accordabile a diverse frequenze che genera l'armonica fondamentale e, secondo ampiezze in genere rapidamente decrescenti, le parziali (armoniche e non);

 

  • Un risuonatore (cassa armonica, canna chiusa e aperta, tavola armonica) con la funzione di amplificare la vibrazione in modo selettivo in frequenza, e dare una nuova forma all'onda sonora rispetto a quella originariamente emessa dall'elemento vibrante;

 

  • Un adattatore di impedenza tra il sistema vibrante e l'aria circostante per aumentare l'efficienza di irradiazione del suono.

 

    La parte più interessante è il procedimento di amplificazione selettiva che avviene ad opera del risonatore. La particolare conformazione di ogni strumento musicale è studiata perché il risonatore presenti determinate frequenze di risonanza.

    Ad esempio nel caso del violino, il risonatore è costituito dalla cassa armonica la cui forma irregolare seleziona frequenze risonanti attorno a 600 Hz e 1000 Hz (dette risonanze del legno) ed altre risonanze molto ravvicinate nella zona tra i 2000 Hz e i 4000 Hz. Vi è poi anche una risonanza dell'aria detta risonanza di Helmholtz dovuta all'aria che entra e esce dalla cassa attraverso i fori ad effe e che si colloca attorno alla frequenza di 300 Hz.

    Quando tale risonatore viene investito dalla vibrazione generata dall'elemento vibrante (l'accoppiamento tra elemento vibrante e risonatore è reso efficiente adattando l'impedenza tra cassa armonica e corda tramite il ponticello), esso "risuona", cioè si mette in oscillazione, soprattutto alle frequenze vicine alla propria frequenza di risonanza e ciò indipendentemente dal contenuto spettrale del suono generato dalla sorgente primarie di vibrazione.

    L'effetto pratico è che il contenuto spettrale del suono originario viene modificato dall'effetto filtrante del risuonatore: si formano bande di frequenza dette formanti nelle quali l'emissione sonora dello strumento è dominante.

    Probabilmente la posizione delle formanti, essendo dovuta alla geometria dello strumento e non alla frequenza della nota emessa, e l'elemento determinante per la riconoscibilità del timbro di uno strumento.

    Un metodo pratico per ottenere le frequenze delle formanti che evidenziano le risonanze proprie dello strumento è di mediare gli spettrogrammi istantanei su intervalli di tempo piuttosto lunghi.

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Bibliografia

 

Bib-TS-069 - Il documento è tratto dal sito fonte originario: http://fisicaondemusica.unimore.it

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