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 Fisica Acustica

AREA I - ARTE TECNICO-SCIENTIFICA (ATS)

Cap. ATS-E01 - Fisica - Pag. ATS-E01.08

Gli argomenti trattati sono stati inseriti da Ing. Arch. Michele Cuzzoni nel 2009 - © Copyright 2007- 2024 - e sono desunti dalla documentazione indicata in Bibliografia a fondo pagina


 

 

Fenomeno sonoro e Onda sonora - Tipi di rumore

  

 

 

INDICE:

 

Il fenomeno sonoro

Un fenomeno sonoro è "ciò che ascoltiamo". Questa definizione ha il pregio, nell sua generalità, di mettere in evidenza quattro fasi da cui pensiamo esso sia sempre costituito:

  1. produzione di onde meccaniche ad opera di una sorgente che vibra detta sorgente sonora

  2. propagazione delle onde attraverso un mezzo elastico (di solito l'aria); tale propagazione è il fenomeno ondulatoro vero e proprio e verrà d'ora in poi chiamato onda sonora;

  3. ricezione e percezione dell'onda sonora da parte di un opportuno apparato in grado di trasformare (ed eventualmente elaborare) l'energia sonora in energia di altra forma (p. es. l'apparato uditivo umano).

  4. elaborazione del segnale trasformato (in genere in impulsi elettrochimici) da parte del cervello.

Ciò che rende particolarmente interessante e, allo stesso tempo complesso lo studio del mondo dei suoni è il fatto che in esso si intrecciano strettamente parametri oggettivi e soggettivi.

  • Parametri oggettivi sono le grandezze fisiche che descrivono le vibrazioni delle sorgenti sonore e che caratterizzano l'onda sonora e la sua propagazione. Sono proprietà dell'onda sonora indipendenti dall'ascoltatore. Ne sono esempio la frequenza, la lunghezza d'onda, la velocità di propagazione, ecc.

  • Parametri soggettivi sono tutte le proprietà del suono percepito e dipendono dall'elaborazione a livello sensoriale e cerebrale dello "stimolo" sonoro da parte del soggetto che ascolta. Ne sono esempi l'altezza, l'intensità, il timbro, ma anche qualità più impalpabili come la gradevolezza, la consonanza, l'armonia.

Nonostante il carattere soggettivo della singola percezione, lo studio del fenomeno sonoro in tutte le sue quattro fasi ci porta a cercare di caratterizzare meglio sia i parametri fisici che quelli percettivi, e, possibilmente a collegarli tra loro.

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Onda sonora

In fisica un'onda è una perturbazione che si propaga nello spazio e che può trasportare energia da un punto all'altro tramite la variazione di una grandezza fisica.

L'onda sonora è un particolare tipo di onda in cui la perturbazione è la variazione di pressione indotta dal corpo vibrante nel mezzo circostante (di solito l'aria). Tale variazione di pressione è in grado di propagarsi nel mezzo come una successione di rarefazioni e condensazioni (cioè di variazioni di densità).

Ciò che "avanza" è il fronte d'onda, cioè la compressione del mezzo, e non le molecole d'aria che subiscono solo piccoli spostamenti attorno a punti di equilibrio fissi.

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Grandezze fisiche proprie dell'onda sonora

Se vogliamo analizzare quantitativamente l'onda sonora dobbiamo determinare le caratteristiche misurabili del fenomeno.

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Proprietà del mezzo

Se ci concentriamo sul mezzo possiamo, punto per punto nello spazio, e istante per istante nel tempo, misurare:

  • la differenza di pressione dell'aria rispetto alla normale pressione atmosferica. Questa differenza è detta pressione acustica. L'insieme di tutte le pressioni acustiche nello spazio formerà un "campo di pressione". È il caso di sottolineare fin dall'inizio che la pressione acustica rappresenta una piccola "increspatura" rispetto al valore standard di pressione atmosferica: anche nel caso di suoni estremamente intensi, il suo valore è di circa mille volte inferiore a quello della pressione atmosferica.

  • la differenza di densità dell'aria rispetto alla densità dell'aria in quiete.

  • lo spostamento delle molecole d'aria dalla loro posizione di equilibrio, e la loro velocità . Avremo in tal caso "un campo di spostamenti" e "un campo di velocità".

Queste grandezze non sono tra loro tutte indipendenti, ma sono legate tra loro, ad esempio, dalle leggi dei gas.

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Proprietà dell'onda

Tuttavia, se focalizziamo la nostra attenzione sull'onda, anziché sul mezzo in cui essa si propaga, potremo misurare, ad esempio

  • il periodo T della perturbazione, che è il tempo che intercorre tra l'istante in cui, in un punto prefissato, si verifica la massima pressione e l'istante in cui questa situazione si verifica nuovamente nello stesso punto;

  • la frequenza f dell'onda, cioè il numero di volte in cui avviene l'oscillazione di una molecola, nell'unità di tempo;

  • la lunghezza d'onda λ: la distanza che intercorre, in un certo istante, tra due zone consecutive di maggior addensamento, zone nelle quali la pressione acustica è massima;

  • l'ampiezza dell'oscillazione, cioè lo spostamento massimo delle molecole rispetto alla loro condizione di riposo; scopriremo che essa è strettamente legata al massimo valore che può raggiungere la pressione acustica;

  • la velocità con cui la perturbazione avanza nel mezzo, come rapporto tra λ e T. Si noti che questa velocità non coincide affatto con la velocità con cui si muovono le singole molecole. Essa è sempre diretta nel senso della propagazione dei fronti di pressione, mentre quella delle molecole cambia verso ad ogni tempo periodo.

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Onde più complesse

Esistono tuttavia oscillazioni che possono essere ben più complesse in due sensi:

  1. Pur essendo periodiche, possono avere una forma non sinusoidale. In particolare possono essere costituite dalla sovrapposizione di più onde sinusoidali di frequenza opportuna.

  2. Possono essere non periodiche. In realtà tutte le onde in natura lo sono in un certo senso, avendo un inizio ed una fine sia come durata temporale che come estensione spaziale, tuttavia, normalmente si considera periodica un'onda se la sua durata nel tempo è molto maggiore del tempo periodo. Per un La3 a 440 Hz, ad esempio un periodo dura solo due millesimi di secondo, quindi un La3 che si mantenga inalterato per almeno un 2 secondi può a tutti gli effetti essere trattato approssimativamente come se fosse idealmente periodico. Tuttavia strumenti come la chitarra e il pianoforte emettono suoni che cambiano molto rapidamente in intensità e timbro anche nell'arco di 2 secondi, e che, quindi, non devono essere considerati come periodici in quel lasso di tempo.

In entrambi i casi è possibile effettuare un'analisi spettrale dell'onda, cioè misurare la frequenza e l'ampiezza di ciascuna sinusoide che costituisce l'onda periodica complessa. Ciò che si "misura" è chiamato spettro in frequenza dell'onda. La differenza consiste nel fatto che, mentre nel caso di suoni periodici lo spettro non cambia nel tempo, per i suoni non periodici lo spettro cambia nel tempo, costringendoci ad adoperare una variabile in più nella descrizione matematica.

Esempio di analisi spettrale di una campana di nota Fa3 prima del restauro (*)

(Analisi professionale eseguita presso SCS-EUROACUSTIC - Avigliana (TO) - il 23-3-2009)

 

Esempio di analisi spettrale di una campana di nota Fa3 dopo il restauro (*)

(Analisi professionale eseguita presso SCS-EUROACUSTIC - Avigliana (TO) - il 23-3-2009)

 

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Dall'onda al suono

Ora che abbiamo definito alcune proprietà misurabili del fenomeno sonoro, vorremmo presumibilmente trarne delle indicazioni per lo studio quantitativo dei suoni, e magari della musica. Tuttavia qui appaiono alcune difficoltà perché il suono come lo percepiamo non è semplicemente una copia fedele dell'onda sonora:

  1. l'apparato uditivo trasforma le variazioni di pressione che lo colpiscono in modo piuttosto complesso, e non sempre "fedele";

  2. il cervello compie un enorme lavoro di elaborazione del segnale, un lavoro in cui l'allenamento, o l'abitudine, e quindi fattori culturali, e non solo fisici o fisiologici, giocano un ruolo di grande importanza.

Come conseguenza collegare le proprietà soggettive della sensazione del suono a proprietà fisiche misurabili e oggettive non è sempre possibile. Altre volte appare ingannevolmente semplice. Ad esempio talvolta la periodicità e la composizione spettrale sono state utilizzate per individuare una prima distinzione tra suono e rumore. Tale distinzione, tuttavia può divenire particolarmente difficile in alcuni casi, o addirittura risentire anche di aspetti culturali (come sarebbe stato classificato l'"heavy metal" da un ascoltatore dell'800)?

Ciononostante, considerata l'enorme importanza che la musica ha giocato e gioca tuttora nella nostra civiltà è giusto cercare di scoprire quali possano essere le basi fisiche o fisiologiche dei vari suoi aspetti. È legittimo porsi pertanto domande quali

  • Esistono grandezze oggettive che permettano di distinguere un suono da un rumore?

  • La percezione di intervalli come consonanti o dissonanti ha una base fisica o fisiologica, o è solo una questione di convenzione culturale?

  • Perché la moderna musica occidentale si basa su scale e intervalli così diversi da quelli utilizzati nella musica orientale?
  • Si può associare una specifica proprietà oggettiva ad ogni proprietà del suono percepito?

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Suoni o rumori?

 

In molte trattazioni elementari del problema si afferma che ciò che sembra caratterizzare il suono rispetto al rumore è la sua descrizione in termini di un'onda periodica. Lo spettrogramma deve contenere solo suoni puri di frequenza multipla di una frequenza fondamentale.

Non ogni suono associato ad un'onda periodica è "gradevole".

  • Innanzitutto il nostro sistema percettivo può udire suoni solo se la frequenza dell'onda periodica è compresa tra 20 Hz e 20000 Hz;

  • inoltre non è detto che all'interno delle frequenze udibili onde periodiche generino necessariamente suoni.

Pur in presenza di un'onda periodica in taluni casi in acustica si ha un battimento. In questo caso la sensazione di rumore (pur in presenza di onde periodiche) è dovuta ad un fatto percettivo: il nostro sistema uditivo viene "confuso" se investito da suoni di frequenze troppo vicine, e, incapace di discriminare la loro altezza, percepisce un suono di altezza intermedia, ma dal carattere "ruvido", rumoroso, appunto.

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Il "rumore armonico"

È facile accorgersi che la periodicità (esatta) non è nemmeno condizione necessaria per distinguere il suono dal rumore. Ciò per due ordine di motivi:

  • il sistema percettivo sembra tollerare piccole deviazioni dalla periodicità;

  • nessun suono ha una forma d'onda esattamente periodica. Una funzione periodica è qualcosa di dato da sempre e per sempre, mentre il suono è qualcosa che nasce, evolve nel tempo e muore.

  • Certamente se nel fenomeno sonoro non è presente, nemmeno lontanamente, nessuna periodicità si parla di rumore. In questo caso, l'onda sonora ha contenuto spettrale costituito da suoni di qualsivoglia frequenza ed altezza.

Il rumore armonico si ottiene sovrapponendo diverse bande di rumore bianco, ciascuna centrata su un multiplo intero della frequenza fondamentale prescelta. Quando le bande sono idealmente strettissime lo spettro diventa identico a quello di un suono gradevole, mentre quanto più le singole bande sono larghe, tanto più sopravviene il carattere di rumore. In tutti i casi l'onda sonora risultante possiede componenti periodiche, ma in senso stretto non è mai esattamente periodica, perché una componente casuale è sempre presente, tranne che nel limite di bande infinitamente strette.

Il rumore armonico sembra svelare una caratteristica fondamentale della percezione che convoglia l'informazione sul grado di consonanza o gradevolezza di un'onda sonora. Questa informazione è di valore inestimabile per i musicisti.

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Tipi di rumore

La parola "rumore" nel linguaggio quotidiano indica qualcosa di indistinto e caotico. Tuttavia in ambito scientifico diversi tipi di rumore possono essere quantitativamente caratterizzati studiandone il contenuto spettrale. La classificazione del rumore è di fondamentale importanza nello studio di tutti quei segnali che contengono delle componenti casuali, e trova massiccio impiego nella tecnologia del suono, come è illustrato nel paragrafo che segue.

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Rumore bianco

In analogia alla luce bianca che è formata dalla sovrapposizione di onde elettromagnetiche di tutte le frequenze visibili, se un rumore è costituito da uno spettrogramma sostanzialmente "piatto" con onde di tutte le frequenze e di intensità simile ad ogni frequenza, esso si dice rumore bianco. Il rumore bianco, ricco di alte frequenze suona "stridulo", ha un eccesso di brillantezza che ci infastidisce.

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Rumori colorati

Esistono vari tipi di rumore detti colorati caratterizzati dal fatto di avere alcune componenti dello spettro prevalenti sulle altre. Ad esempio ricordiamo:

  • rumore rosa che ha una prevalenza dell'ampiezza (e quindi dell'intensità) delle armoniche a bassa frequenze. Esso può essere ottenuto dal rumore bianco con un'apposita azione di filtro delle alte frequenze. Il rumore rosa spesso viene costruito assegnando le seguenti regole (è un po' un ossimoro assegnare regole per costruire un evento casuale come il rumore):

    • l'intensità decresce nel passaggio da un ottava all'altra come l'inverso della frequenza. Ciò significa che essa dimezza nel passaggio da un'ottava all'altra (in scala logaritmica ciò equivale ad una attenuazione di 3 dB).

    • l'andamento in intensità all'interno di un'ottava è riprodotto per ogni ottava (come una sorta di frattale autosimile).

Sembra che il rumore così costruito abbia proprietà rilassanti assomigliando a molti rumori naturali (la pioggia, le cascate d'acqua, ecc...): addirittura esistono CD di rumore rosa!!

Il rumore rosa trova comunque applicazione anche negli ambienti di registrazione per "rinvigorire" il suono a basse frequenze; a tali frequenze infatti il nostro orecchio soffre di calo di prestazioni.

 
  • rumore marrone. In questo genere di rumore vi è un'accentuazione ancora maggiore, rispetto al rumor rosa, della presenza di basse frequenze. L'intensità decresce, da un'ottava all'altra, come l'inverso del quadrato della frequenza (cioè con un attenuazione, in scala logaritmica, di 6 dB). Il rumore marrone assomiglia ad un rombo di tuono.

 

  • rumore rosso. Un'ulteriore accentuazione (senza regole matematiche precise come per il rumore rosa e marrone) della presenza di basse frequenze determina il rumore rosso. Esso suona come un rimbombo molto basso (un treno che passa nel metrò, il rumore di un motore che fa vibrare, per risonanza, le pareti di una stanza) e si colloca alla soglia in inferiore delle frequenze udibili. E' molto utilizzato nella musica elettronica e nella musica da "film".

 

  • rumore blu. Questo rumore e' praticamente il complementare del rumore rosa. Esso mostra una prevalenza delle alte frequenze con un incremento delle intensità di 3dB per ottava. Ovviamente esso viene ottenuto con un azione di filtro delle basse frequenze. Suona come una sorta di sibilo, stridulo e artificiale.

 

  • rumore violetto. E' il complementare del rumore marrone con una forte prevalenze dell'intensità delle alte frequenze. L'intensità cresce di 6 dB per ottava. L'effetto sibilante è ancora più fastidioso che nel rumore blu.

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Note

(*): La campana Fa3 oggetto di restauro appartiene al concerto della chiesa prepositurale di Brivio.

I file acustici analizzati sono stati registrati dal vivo nel 2005 e nel 2009.

 


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Bibliografia

 

Bib-TS-069 - Il documento è tratto dal sito fonte originario: http://fisicaondemusica.unimore.it

Licenza Creative Commons: Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 2.5 - Italia

 

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