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 Campane e concerti storici - Svizzera

AREA II - ARCHIVIO STORICO (ARS)

Cap. ARS-H22 - Rassegna bronzi storici - Pag. ARS-H22.02

Gli argomenti trattati sono stati inseriti da Ing. Arch. Michele Cuzzoni nel 2011 - © Copyright 2007- 2024 - e sono desunti dalla documentazione indicata in Bibliografia a fondo pagina


 

    Svizzera: Castel San Pietro - Campane della Parrocchiale

 

INDICE:

 

 

LE CAMPANE DI CASTEL SAN PIETRO

MONOGRAFIA DI AUTORI VARI

   

Din e dan

a rebàtt i campan tücc i sîr dra nuvena

sü ‘n scima ar campanìn.

E da sóta, ur paés e ‘r mè pian d’Agn,

i sa slungàva giò dùlz in dar negru dra nõcc....

Cui lümìtt di cà,

cumè paniròr in dar fiât dar magéngh, a dìtt:

a sém chi, ga sém tücc, i vîv e i mòrt;

l’è Natâl!

Fernando Grignola

 

Din e dan a rintoccare a mano le campane tutte le sere della novena su in cima al campanile.

E di sotto, il paese e il mio pian d’Agno, si distendevano dolci nel buio della notte... Con i

lumicini delle case, come lucciole nel fiato del maggengo, a dirti: siamo qui, ci siamo tutti, i vivi

e i morti; è Natale!

INDICE

don Nicola Zanini

Ci sono occasioni nella vita di ogni comunità parrocchiale nelle quali il tempo sembra tornare nelle mani e la nostalgia del passato si trasforma in realtà presente, da rivivere, poiché certi valori iscritti nel cuore nemmeno il tempo li può cancellare.

L’ “avventura” delle campane è una di queste: la necessità di intervenire tempestivamente non ha permesso di comprendere immediatamente che stavamo vivendo un momento storico ed eccezionale. Ora, con calma, la percezione di aver vissuto attimi davvero particolari diventa più concreta. Non nascondo tanta commozione nell’aver percepito e visto tanto interesse.

Anzitutto un evento storico: da oltre duecento anni le campane non si posavano sulla terra ferma, sempre sospese tra Cielo e terra a ritmare le attività spirituali e terrene della nostra gente. Poterle vedere “faccia a faccia”, toccarle con lo stesso entusiasmo di un bambino di fronte ad un gioco che toglie il fiato, non è cosa da poco. Le lacrime sui volti di tanti ne sono stati una prova, semmai fosse necessaria.

Ma poi c’è l’eccezionalità “spirituale”. Leggo il via vai di gente di quei giorni come segno di affetto e di attaccamento al paese, alla comunità, alla Chiesa e ai suoi valori seminati nel cuore con tanta semplicità ed altrettanta genuinità.

Tutte le generazioni sono state coinvolte in questo abbraccio di valori umani e sani. I più piccoli che, con l’aiuto dei maestri e delle maestre, per una volta hanno voluto lasciarsi meravigliare non da giochi sofisticati ma da una semplice campana. I giovani che, per sfidare il silenzio della notte, si son lasciati trascinare dall’umile tirare una campana, a simpatico “dispetto” di chi già dormiva da tempo. Gli adulti, che sono venuti a vedere da vicino (qualcuno mi ha scherzosamente detto per “maledirla”) quella campana che richiamava – e richiama tutt’ora – agli impegni scolastici. Gli anziani, custodi fedelissimi di una tradizione nella quale la campana e la chiesa erano la loro vita.

Il restauro delle campane non è stato, allora, un semplice dovere di conservazione. Abbiamo vissuto un momento importante per approfondire il nostro legame con un paese, una comunità e una Chiesa, sempre bisognosi di momenti nei quali capire l’essenzialità delle cose, per rimettere in discussione uno stile di vita che in parte si è lasciato rubare la genuinità delle cose. Se è così, ciò che abbiamo vissuto e che in queste pagine è ricordato, è davvero un momento importante per l’edificazione del nostro paese e della nostra comunità parrocchiale.

INDICE

 

La campane nella storia

don Sandro Vitalini

Soprattutto nelle religioni orientali, ancor prima della nascita del cristianesimo, le campane ritmavano i momenti di preghiera ed erano considerate non solo un richiamo, ma anche una "voce" che si associava a quella dei fedeli. Anche oggi, nel buddismo, la campana svolge un ruolo notevole. Nell'Antico Testamento, invece, il richiamo del popolo viene fatto con le trombe ed a seconda del suono che emettono si percepisce che senso abbia il richiamo (ad esempio per una liturgia festosa o per andare in guerra).

Almeno dal quinto secolo, la campana si é introdotta anche nell'uso cristiano e si sono poi costruiti dei campanili che favorissero il suo ascolto. Le prime campane avevano l'aspetto di un cilindro, mentre poi si sono aggraziate verso la forma attuale e si sono studiate delle leghe che ne rendessero il suono particolarmente gradevole. Così sono celebri quelle di S. Maria Maggiore in Roma, dove nella lega si è inserito molto argento.

In una civiltà prevalentemente contadina, la campana era non solo richiamo dei fedeli alla preghiera, ma anche voce che convocava la comunità, che l'allarmava, che la invitava al giubilo o al dolore. Così per la morte di un fedele, i suoni erano ritmati secondo un canone preciso. Per la morte, però, di un bimbo le campane suonavano “ad angelo”, a festa. Anche per i temporali intervenivano le campane, che si pensava scongiurassero non solo le tempeste, ma addirittura il diavolo in persona!

Oggi l'uso delle campane è limitato, di solito, ai momenti in cui i cristiani sono invitati alla preghiera. La campana suona al mattino, a mezzogiorno e a sera. In unione a Maria si è invitati a salutare il Signore. La campana, poi, convoca l'assemblea liturgica ed il suo suono più o meno festoso indica la qualità della riunione (messa, battesimo, matrimonio, funerale). Si usa ancora in certi paesi, come a Castello, suonare la campana per la scuola ed anche suonare la campana a martello in caso di grave pericolo. Sussiste pure la bella tradizione di suonare a carillon in occasione di feste patronali e di novene, in particolare per quella natalizia.

Bisogna certo riconoscere che i tempi sono mutati e pertanto si cerca di evitare che il suono disturbi chi riposa: così l'Ave Maria del mattino viene suonata più tardi che una volta ed il suono non viene di molto prolungato. Si deve però convenire che il suono delle campane è per tutti un invito al bene e che, se fatto con discrezione, va considerato come una tradizione preziosa da conservare.

Quando il primo gennaio del 1800 le campane di Francia si misero di nuovo a suonare, dopo anni burrascosi di silenzio, tutti si commossero. In molti paesi europei le campane vennero confiscate nel corso dell'ultima guerra e quando vennero di nuovo issate sul campanile fu festa grande.

Le campane fanno parte della nostra tradizione: non solo religiosa, ma anche folcloristica, popolare. Un paese senza campane sarebbe senza voce! Che la campana possa ricordare a ciascuno di noi il suo destino eterno!

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Carlo Fontana

1270

Prima menzione di una cappella dedicata a Sant’Eusebio (310-371), Vescovo di Vercelli, incaricato di cristianizzare il vasto territorio dalle Alpi alla Costa Ligure.

1582-86 Trasformazione della cappella in una chiesa a tre navate.
1614

Costruzione del campanile. Per il suo finanziamento si vendettero terreni in zona Nebbiano, Carpinello e Corteglia (il Patriziato amministrava i beni parrocchiali e della comunità).

1678-84

Trasformazione in una chiesa a una navata con quattro cappelle laterali, come la vediamo oggi. Finanziamento con prestiti dei Conti Turconi di Loverciano. Nel 1677 il conte Ippolito Turconi “Vicino“ (patrizio) di Castello, s’interessa - quale curatore del vescovo di Como - alla costruzione della chiesa. Nel 1684 leggiamo di un prestito di 540 lire milanesi; nel 1685 di un prestito di 50 scudi d‘oro e nel 1687 di un ulteriore prestito di 550 scudi.

1698 Il campanile viene dotato di due campane (non più esistenti).
1742

Contratto per una ristrutturazione del campanile stipulato con i fratelli Maggi. La spesa ammonta a lire 1125,15. Il campanile ospita una nuova terza campana (non più esistente).

1789

Le precedenti campane vengono tolte, sostituite da altre due campane, la “Pinina” e la “Mezzana”.

1796

Nel giorno 29 marzo vengono issate sul campanile 2 ulteriori campane: la “Mezzanella“ e il “Campanone“, quest‘ultima di proprietà del Patriziato.

1829

Il campanile viene completato con un’ultima quinta campana, il “Mezzanone”.

1893

 Si procede alla sostituzione del castello campanario da parte della ditta Barigozzi di Milano per un costo di fr. 2'500. Il Municipio corrisponde la metà della spesa. Il ferro e la ghisa vecchia del precedente castello vengono rivenduti al prezzo di fr. 4 al quintale.

1953

Nel corso del mese di aprile, radio Monteceneri (ora RSI) incide il concerto delle campane di Castel San Pietro per essere riprodotto nel corso dell‘apertura della Commemorazione del 150° di indipendenza dello Stato del Canton Ticino (1803 – 1953).

1956

Smontaggio delle cinque campane e sostituzione di vari pezzi con una spesa di fr. 2'100 ripartita tra la Parrocchia e il Comune.

1966-67

L’assemblea parrocchiale del 12 dicembre 1966 approva l’elettrificazione delle campane da parte delle ditte Mandelli di Balerna e De Antoni di Brescia, per un costo complessivo di fr. 24'000.

1986-87

La ditta Mandelli procede ad una revisione totale della parte meccanica, mentre la ditta De Antoni procede alla revisione della parte elettrica, introducendo il suono automatico del “carillon”. Costo dell‘opera fr. 31'000.

2004

Il 24 settembre l‘assemblea Parrocchiale approva il credito di fr. 74'000, fr. 30'000 dei quali versati dal Comune, per la revisione totale della struttura meccanica ed elettrica delle campane.

Il 15 ottobre la ditta appaltatrice Calisfer, di Alessandro Calissi di Grumello del Monte – Bergamo, smonta le cinque campane.

Il 17 ottobre vengono trasportate a Grumello del Monte.

Il 15 novembre la parrocchia organizza una visita al restauro delle campane a Grumello del Monte e alla fonderia di campane Allanconi a Bolzone di Ripalta (Crema).

Il 26 novembre le campane vengono riportate a Castel San Pietro e poste sul sagrato della parrocchiale.

Il 28 novembre, prima domenica di Avvento, la comunità si raccoglie in preghiera e in festa per inaugurare il restauro.

Il 29 novembre i docenti della scuola dell’Infanzia e della scuola Elementare ammirano le campane esposte sul sagrato, alla presenza della Televisione della Svizzera italiana.

Il 30 novembre il nuovo castello e le 5 campane restaurate vengono issate sul campanile.

Il 6 dicembre l’impianto viene collaudato e le campane ritornano ad offrire le loro melodie, scandendo i ritmi e i tempi della comunità.

Partecipazione comunale alle spese del nuovo castello campane, 30 novembre 1892 (archivio parrocchiale).

Capitolato d’appalto lavori 1892 (archivio parrocchiale).

Capitolato d’appalto lavori 1892 (trascrizione di alcuni dei 17 articoli).

Art. 1 L‘appalto avrà luogo per concorso per asta pubblica con le seguenti norme:

Art. 4 Nessuna scelta sarà mantenuta dal Consiglio Parrocchiale se il rispettivo concorrente non depositerà immediatamente presso la Presidenza l‘importo del 20% sul totale della somma preventivata (...).

Art. 8 Le controversie che potrebbero sorgere durante i lavori e fra le parti contraenti, dovranno essere discussi da un arbitramento inappellabile con arbitri scelti fra tecnici, d‘accordo con le parti secondo le leggi vigenti.

Art. 9 L‘opera di cui nel presente appalto, dovranno essere ultimate entro 60 giorni, fatta dal Consiglio Parrocchiale e per eventuale ritardo il committente può valersi del deposito cauzionale di cui l‘articolo 4.

Art.13 Il pagamento dell‘importo avverrà solo a opera terminata e collaudata, ritenuto però l‘obbligo dell‘assuntore di fare presso l‘Esattore parrocchiale un deposito in titoli pubblici di una forma corrispondente al terzo dell‘importo totale per la garanzia di un anno.

Art.14 Il Consiglio Parrocchiale si obbliga di provvedere nel tempo della garanzia di un anno, al controllo e allo stringimento delle viti per il loro naturale rallentamento. Eventuale riparazione non prevista, a fr. 3 sarà sostenuta dall‘appaltatore.

Art.17 La spesa d‘asta è a carico dell‘assuntore.

Castel San Pietro, il 2 dicembre 1892

per il Consiglio Parrocchiale

Presidente dottor Carlo Prada

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Carlo Fontana

Responsabile del suono delle campane per il culto era il sagrestano in carica.

Interveniva l‘usciere comunale quando doveva annunciare le assemblee, le votazioni e in caso estremo gli incendi (campana a martello).

Naturalmente il sagrestano aveva bisogno di aiuto, specialmente per il suono della scuola e il mezzogiorno, orari impossibili per una persona che aveva attività lavorativa. Per questi due aiuti di solito si incaricava un ragazzo di scuola, che abitava nelle vicinanze, mentre per il suono di tutte le cinque campane a “concerto“ in occasione di feste solenni, per le novene di Natale e le feste d‘agosto, il sagrestano era affiancato da diverse persone volontarie.

Di solito era il più competente a dirigere gli altri, non necessariamente era il sagrestano. I pezzi del concerto avevano i loro nomi: tüt e cinc, trè innanz e tre in drè, tre in drè e cinc innanz, quii in pian (in tre modi), mezana par pinina, mezanela par pinina, i sett da Canégg, i vott da Scüdelatt e dilon-dilan (le cinque campane libere): modi di dire ben conosciuti dai suonatori.

I più esperti in materia, ricevevano dal capo-concerto il meritato “bravo!” e dal sagrestano, a concerto concluso: “Grazie né; fiöö! A la prosima volta!”.

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Consiglio parrocchiale

DOMENICA, GIORNO DEL SIGNORE

· Ave Maria del mattino: Ave di Lourdes o di Fatima, ore 8.00.

· Mezzogiorno: 5 campane a distesa, ore 12.00.

· Ave Maria della sera: 5 campane a distesa, ore 20.15.

· Eucaristia: 3 segni con le 5 campane a distesa, ogni quarto d’ora a cominciare da tre quarti d’ora prima della Messa. A due minuti dall’inizio della celebrazione suona la “Pinina” per richiamare i fedeli.

· Altre celebrazioni: 5 campane a distesa.

SOLENNITÀ

· Ave Maria del mattino: Ave di Lourdes o di Fatima, ore 8.00.

· Mezzogiorno: concerto solenne, ore 12.00.

· Ave Maria della sera: concerto solenne, ore 20.15.

· Eucaristia: primo segno con melodie a martello (carillon), tre quarti d'ora prima dell’inizio della celebrazione; secondo segno (mezz’ora prima) e terzo segno (un quarto d’ora prima) con concerto solenne. A due minuti dall’inizio della celebrazione suona la “Pinina” per richiamare i fedeli.

· Al momento della Consacrazione suona il concerto solenne.

· I concerti per le solennità sono vari: 5 campane a concerto, oppure 3 a concerto e 2 a martello, oppure 2 a concerto e 3 a martello.

GIORNI FERIALI

· Ave Maria del mattino: Mezzana (terza) ore 7.00.

· Mezzogiorno: Mezzana (terza) ore 12.00.

· Ave Maria della sera: Mezzana (terza) ore 20.15.

· Eucaristia: un segno con Mezzanella, Mezzana, Mezzanone (seconda, terza, quarta) un quarto d’ora prima della celebrazione. A due minuti dall’inizio della celebrazione suona la “Pinina” per richiamare i fedeli.

· Altre celebrazioni: come all’Eucaristia.

· Scuola: il Mezzanone (quarta) un quarto d’ora prima dell’inizio della scuola, al mattino e al pomeriggio.

FUNERALI

· Annuncio di morte: il Campanone (la quinta) suona 3 volte 3 rintocchi. Per annunciare la morte di sacerdoti si ripete tre volte l’annuncio di morte.

· Vigilia del funerale: all’ora stabilita per le esequie, la vigilia suono funebre con Pinina, Mezzanella e Mezzana (prima, seconda e terza) a distesa e Mezzanone e Campanone (quarta e quinta) a concerto.

· Giorno delle esequie: tre segni a cominciare da tre quarti d’ora prima della celebrazione con suono funebre con Pinina, Mezzanella e Mezzana (prima, seconda e terza) a distesa e Mezzanone e Campanone (quarta e quinta) a concerto. Un segno all’arrivo del corteo funebre sulla porta della chiesa con suono funebre con Pinina, Mezzanella e Mezzana (prima, seconda e terza) a distesa e Mezzanone e Campanone (quarta e quinta) a concerto.

· Al cimitero (da quest’anno): al momento in cui la bara viene deposta nel terreno, saluto finale con suono funebre con Pinina, Mezzanella e Mezzana (prima, seconda e terza) a distesa e Mezzanone e Campanone (quarta e quinta) a concerto.

ALTRE OCCASIONI

· Votazioni: all’apertura dei seggi elettorali suono con il Campanone (quinta).

· Patriziato: all’inizio dell’Assemblea suono con il Campanone (quinta).

· Confessioni: un quarto d’ora prima dell’inizio delle Confessioni suono con la Pinina (prima).

· Al momento della benedizione eucaristica suona il Campanone (quinta).

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Raimondo Cereghetti

 

Ma sa truvi in sul sagraa, la setimana prima da la Nuena.

A incrusi ul Ginu sacrista. Al ma ferma e ‘l ma dumanda se ga sum la setimana

che vegn a sunà i campan.

Mi ga sum se tegni ‘l campanun.

A l’inizi dala Nuena a sa trovum in quatar.

Al Ginu al tegn la prima e la segunda, l’Ugo la mezana, ul Luisin la quarta e mi

ul campanun.

A comincium a sunà, dumà che ogni tant mi el Luisin a proum a fa bat insema ‘l

batent da la segunda cun la quarta e mi la terza cun la quinta.

Ogni tant al nà riusiva ben, di volt però o mi o ‘l Luisin lasaum nà la corda trop

presct e alura ul nosct batent al sunava prima da quel’altra. Quand faseum insci

al Gino al fava la facia scüra, invece quand i bateum insema a ga vegneva ul

suris sota i bafi.

A la fin dal cuncert a naum a ca tut cuntent, cun la prumesa da truas anca l’an

che vegn.

 

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Filippo Gabaglio e don Nicola Zanini

 

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don Nicola Zanini

La nostra chiesa riaccoglie le sue campane.

Oggi è festa per noi

e occasione per cantare le lodi del Signore.

Il suono delle campane si intreccia

con la vita del popolo di Dio:

scandisce le ore e i tempi per la preghiera,

chiama il popolo a celebrare la santa liturgia,

a venerare la Vergine,

segnala gli eventi lieti o tristi

per tutta la comunità e per i suoi singoli membri.

Celebriamo dunque con devota esultanza

questo rito di benedizione.

La voce del campanile ricordi a tutti

che formiamo una sola famiglia

e ci raduni per manifestare la nostra unità in Cristo.

Gloria a te, o Padre per il Campanone.

Esso suona per l’Assemblea Patriziale,

per le votazioni e in ricordo dei nostri defunti.

Suonava per difenderci dalla tempesta

e per richiamare gli uomini alla mobilitazione.

È occasione per noi, mentre lo sentiamo suonare,

di pregare per il nostro Comune, per le autorità civili,

e per ricordare i nostri cari defunti.

Ma è anche occasione per chiedere al Padre

di proteggere la vita dei nostri contadini

e di proteggere la nostra patria.

La pace di Dio regni sempre e ovunque.

Gloria a te, o Padre, per il Mezzanone.

Esso suona per annunciare la scuola.

È occasione per noi, mentre lo sentiamo suonare,

di pregare per i nostri bambini,

per i ragazzi e per i giovani.

Crescano in età, sapienza e grazia.

Gloria a te, o Padre per la Mezzana.

Essa suona l’Ave Maria del mattino e della sera

e ci ricorda il mezzogiorno.

È occasione per noi, mentre la sentiamo suonare,

di pregare per il nostro paese.

Viva i ritmi del tempo senza frenesia e senza fretta,

nella serenità dei giorni.

Gloria a te, o Padre, per la Mezzanella.

Essa suonava l’Ufficio della Confraternita.

È occasione per noi, mentre la sentiamo suonare,

di ricordare le tante persone

che hanno lavorato per la nostra comunità parrocchiale

e hanno edificato e sostenuto questa nostra comunità.

Gloria a te, o Padre, per la Pinina.

Essa richiama la gente alla Messa e alla Confessione.

È occasione per noi, mentre la sentiamo suonare,

di impegnarci ad essere assidui

alla celebrazione dell’Eucaristia

e per impegnarci a rivalutare la domenica

come giorno del Signore,

in cui fare esperienza di famiglia.

Essa continui a richiamare tanta gente a te,

Padre, fonte di ogni bene.

Benedici queste campane a te dedicate;

fa' che i membri della tua famiglia,

all'udirne il richiamo

rivolgano a te il loro cuore;

e partecipando alle gioie e ai lutti dei fratelli,

si raccolgano nella tua casa,

per sentire in essa la presenza di Cristo,

ascoltare la tua parola

e aprirsi a te con fiducia filiale

nella grazia del tuo Spirito.

Per Cristo nostro Signore. Amen.

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don Nicola Zanini (1)

In questa breve analisi presentiamo il linguaggio figurativo e sonoro delle cinque campane della parrocchiale. Il suono delle campane annuncia nelle quattro direzioni della terra un richiamo spirituale: invito fatto ovviamente di suoni, ma anche di “parole”, attraverso le immagini dei bronzi. Ogni campana, per tradizione, è dedicata a figure di santità e agli avvenimenti della loro storia personale, che richiamano la vita quotidiana di un paese.

(1) Il nostro opuscolo dedicato alle campane non ha come scopo principale quello di far conoscere la storia dei santi raffigurati e la loro rappresentazione nell’arte. In questa parte abbiamo fatto uso parziale della ricerca di U. Stevens con traduzione italiana di A. Quadranti. Abbiamo proposto un’identità diversa rispetto alla ricerca appena menzionata: san Giovanni Nepomuceno e non san Pietro per la Pinina e il Campanone; san Lorenzo e non santo Stefano per la Mezzanella (ndr).

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nota: la bemolle; peso: 410 kg; anno: 1789; Ø 86 cm; Ø ruota 170 cm.

Con i suoi 410 kg (bronzo) è la campana più piccola. Appesa al centro del campanile, sotto la cupola del tetto. Porta incisa la data della Rivoluzione francese, 1789. È una delle due campane più vecchie. Con la sua tonalità in “la bemolle”, nel passato convocava per la recita del Rosario o per le confessioni e seguiva il terzo segno delle funzioni.

Oggi indica l’inizio delle celebrazioni (richiamo) e convoca per il sacramento della Confessione.

Considerato che, nel Mendrisiotto, la fonte più importante di guadagno era l’agricoltura con la coltivazione del tabacco, del baco da seta, della viticoltura e l’allevamento del bestiame, non meraviglia che su ben due campane (la “Pinina” e la Mezzana”) troviamo inciso: A FULGURE TEMPESTATE LIBERA NOS, DOMINE (dal fulmine e dalla tempesta, liberaci, Signore).

Guardiamo da vicino la campana.

Suggestiva l’immagine dei due esploratori che portano l’uva. L’immagine, tanto comune nelle fusioni dei Bizzozero, è tratta dal libro dei Numeri: i due esploratori di ritorno dalla terra di Canaan, portano insieme un’asta da cui pende il grappolo d’uva, che essi accompagnano col frutto del melograno e il fico: “Giunsero fino alla valle di Escol, dove tagliarono un tralcio con un grappolo d’uva, che portarono in due con una stanga, e presero anche melagrane e fichi ”(Num 13,23). Essi sono, secondo i padri della Chiesa, l’immagine di Israele e della Chiesa, Antico e Nuovo Testamento. Tra i due un legno e il grappolo d’uva: il legno della Croce e l’uva a richiamare il sangue versato per la remissione dei peccati. Poiché è Cristo che fa passare dall’Antica alla Nuova alleanza.

Non può allora mancare l’immagine del Crocifisso, segno concreto di ciò che nella vicenda dei due esploratori era solo preannunciato in figura. Qui la scena riprende l’immagine classica della Crocifissione: il Cristo in croce, ai piedi Maria e l’apostolo più amato, Giovanni: “Donna, ecco tuo figlio, figlio ecco tua madre” (Giovanni 19,26-27).

L’immagine della Chiesa, nuovo popolo dell’Alleanza, incontrata nei due esploratori diventa completa grazie a questo rilievo.

Seguendo il pensiero dell’immagine precedente non ci stupiamo di trovare sulla campana la figura di San Giovanni Battista: l’ultimo dei profeti che segna un anello di congiunzione tra l’Antico e il Nuovo testamento. A lui è dedicato il battistero di Riva San Vitale, il più antico monumento architettonico della cristianità nel nostro territorio. Ci piace pensare che volere su una campana l’immagine del Battista, sia desiderio di legame con una storia cristiana del nostro territorio locale. Giovanni e Giovan Battista sono nomi che ricorrono con più frequenza nei registri di battesimo di Castel San Pietro.

Significativa la presenza di San Giovanni Nepomuceno (Cecoslovacchia 1340 – Praga 1393), rappresentato accanto al pozzo, con la croce segno di salvezza e la palma del martirio, a ricordo della sua morte (fu annegato) e a ricordo della sua protezione a favore delle acque. Molto diffuso sul nostro territorio, lo troviamo presente laddove l’acqua ha un valore essenziale di sopravvivenza e a protezione dei ponti. Considerando che questa campana veniva suonata per allontanare la tempesta e ritenendo che l’acqua nella sua delicatezza sia un elemento importante per la sopravvivenza delle terre, non ci stupisce la presenza di questo santo, protettore dei fiumi, dei ponti e delle acque.

Su ogni campana troviamo rappresentata Maria Santissima. Nella “Pinina” essa è venerata come Vergine del Rosario, celebrata in parrocchia agli inizi di ottobre, in modo particolare a partire dal 1703. In questo anno viene fondata la Confraternita del Rosario, alla quale aderivano sia uomini, sia donne. Oggi la Confraternita è scomparsa.

Sant’Antonio da Padova (Lisbona 1195 – Padova 1231), santo tanto popolare, il santo degli “impossibili” e anch’esso a volte invocato, come sant’Antonio, qualora si fosse smarrito qualcosa. È un santo caro alla comunità Castellana, che non solo lo rappresenta sulla piccola campana, ma dedica a lui una cappella laterale nella chiesa parrocchiale. Come noteremo sono parecchie le immagini delle campane riprese da figure e da segni presenti in parrocchiale: un legame non certo involontario.

La campana riprende l’incisione di foglie raccolte in un vaso, caratteristica di molte fusioni da parte della famiglia Bizzozero di Varese; non manca lo stemma di famiglia.

I BIZZOZERO di Varese appaiono come i “dominatori del mercato” campanario ticinese per circa un secolo a contare dalla metà del settecento; dalla corrispondenza esaminata e conservata nei vari archivi, specialmente quella di inizio ottocento, risulta come fosse aspra la concorrenza tra loro e l’ultimo Comerio, altro fonditore varesino, con fonderia sita a Malnate, la cui attività cessa verso la metà dell’ottocento.

L’esame della produzione dei Bizzozero non permette un elenco completo dei singoli nomi perché la maggior parte delle campane è siglata “BIZZOZERI VARESIENSES FEVERUNT” dal 1764, o “BIZZOZERO DI VARESE” nell’ottocento. Conosciamo però i nomi di Giovanni (dal1786), Innocente (1823) e Felice, titolare della ditta nella prima metà dell’ottocento.

Interessanti le scritte sulle loro campane, arricchite di elementi propri da permettere una sicura loro attribuzione. È certo che i Bizzozero appresero l’arte del fonditore dai Sottile; da costoro rilevarono la fonderia varesina nella prima metà del settecento.

 

Una caratteristica ricorrente è il modo di preparare la cifra 8 che, con l’asola superiore aperta, può essere facilmente scambiata con un 6; la presenza di questa segnatura può essere equivalente ad un marchio che indica la fonderia anche se ciò non definisce, da sola, una fornitura diretta da parte dei Bizzozero.

Molto frequente e osservata a partire dal 1764 è la formella dei due esploratori con il grappolo d’uva.

La fonderia Bizzozero è stata rilevata verso la fine dell’ottocento dai Bianchi ed è rimasta attiva fino al 1965.

 

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nota: sol bemolle; peso: 575 kg; anno: 1796; Ø 97,5 cm; Ø ruota 190 cm

Pesa 575 kg (bronzo). Guarda nella direzione di Gorla e con la sua tonalità in “sol bemolle” convocava, fino agli anni ’50, le riunioni delle Confraternite. A Castel San Pietro troviamo la fondazione delle seguenti Confraternite:

· nel 1615 la Confraternita di san Carlo in Obino che nel 1815 mutò il nome in Confraternita della beata Maria vergine e di san Carlo;

· nel 1646 la fondazione della Confraternita del Santissimo Sacramento e le sorelle del Santissimo, con le sue cariche tipiche: priore, sottopriore, tesoriere, maestro dei novizi, crocifero, guardiano, gonfaloniere, infermiere;

· nel 1703 la Confraternita del Rosario;

· nel 1824 la Confraternita di san Pietro.

Attualmente nessuna di queste Confraternite sussiste ancora.

L’invocazione riporta la dicitura: PRINCEPS VINCIT, PRINCEPS REGNAT, PRINCEPS IMPERAT, PRINCEPS AB OMNI MALO NOS DEFENDAT (il principe vince, il principe regna, il principe domina, il principe ci difenda da ogni male). Tale invocazione può essere riferita sia a Cristo, principe della terra (cf. Atti 1,5), sia a Pietro, “principe” degli apostoli (cf. Matteo 16,18).

A differenza della “Pinina”, qui le immagini principali sono inserite in una cornice ovale.

Affacciandosi su Gorla e Balerna non ci appare strano incontrare sulla “Mezzanella” la figura di San Vittore martire (IV secolo), patrono della Collegiata di Balerna, dalla quale Castello si staccò nel 1626.

È presentato come un soldato romano, dotato di scudo e lancia. La croce sulla corazza è indice della sua appartenenza alla legione di Tebe (Egitto). A questa stessa legione apparteneva, secondo la leggenda, sant’Antonino patrono di Obino.

Santo francescano, con molta probabilità San Francesco d’Assisi (Assisi 1181 - Assisi 1226), con il tipico saio francescano. Ben visibile il cingolo con i tre nodi, segno dei tre voti di povertà, castità e obbedienza.

Santo martire, probabilmente san Lorenzo (III secolo, Aragona – Roma), indossa un abito diaconale, ornato da una graticola, segno del suo martirio subito a Roma sotto le persecuzioni di Diocleziano. La leggenda raccolta da sant’Ambrogio riferisce che, quando il prefetto impose di consegnargli tutti i tesori della Chiesa, Lorenzo gli fece trovare radunata un folla di poveri e di infermi. La presenza sulla campana delle figure di san Francesco e di sant’Ambrogio, potrebbe essere un rimando alla leggenda ambrosiana.

Maria Santissima è qui rappresentata come Regina dei Cieli: sul braccio destro tiene Gesù bambino, mentre nella mano sinistra uno scettro. In testa una corona. Si tratta di una tipica rappresentazione bizantina del VI secolo, attestata a Ravenna.

Accanto a queste figure, più in basso, troviamo altre immagini, meno evidenziate, perché prive della cornice ovale:

La crocifissione con Maria e Giovanni, come nella “Pinina”.

La vergine Assunta, che riprende la tematica della cappella laterale della chiesa parrocchiale.

Sant’Ambrogio (Treviri 337/339 – Milano 397), vescovo di Milano e padre della Chiesa, raffigurato con i paramenti vescovili, il pastorale e un libro. È patrono degli scalpellini, tanto presenti sul nostro territorio. Anche in questa campana troviamo lo stemma della famiglia Bizzozero.

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nota: fa; peso: 680 kg; anno: 1789; Ø 105 cm; Ø ruota 210 cm.

Pesa 680 kg (bronzo) e guarda verso Obino. Con la sua tonalità in fa suonava e suona tuttora l’”Ave Maria” del Mattino (affidamento della giornata a Dio), il mezzogiorno e l’”Ave” della Sera (ringraziamento per la giornata trascorsa e affidamento della notte).

Come sulla “Pinina”, l’iscrizione svela il forte timore per i temporali: C(H)RISTUS REX VENIT IN PACE. A FULGURE ET TEMPESTATE LIBERA NOS (Cristo re viene nella pace. Dal fulmine e dalla tempesta liberaci). Qui la pace di Cristo Re, chiara immagine dell’entrata di Gesù a Gerusalemme come principe della pace (domenica delle Palme), è invocata per la natura, a difesa dai fulmini e dalla tempesta.

Anche su questa campana le figure sono ornate da belle cornici:

Santo vescovo, forse san Carlo Borromeo (Arona 1538 – Milano 1584). Essendo la campana rivolta a Obino, ove sorse la Confraternita di San Carlo, si è osato dedurre che il vescovo raffigurato sia proprio san Carlo, caro alle terre del Ticino, oggi patrono della Diocesi di Lugano. Il suo zelo pastorale lo porta più volte a visitare le nostre terre, per la propagazione dei principi del Concilio di Trento.

San Francesco di Paola (Paola Calabria 1416 – Tours 1507), dedito ai poveri fondando l’Ordine dei frati Minimi. È raffigurato con il saio e una barba corta e tiene nella mano sinistra un bastone con la scritta “Caritas”.

Santa Lucia (Siracusa III secolo – Siracusa 304), santa molto popolare, invocata per la protezione dalle malattie degli occhi. È raffigurata con il piatto su cui poggiano i suoi occhi, segno del martirio subìto sotto l’imperatore Diocleziano.

La vergine Maria qui è raffigurata come l’Immacolata: ai piedi la mezza luna e il serpente calpestato, chiaro rimando alla Visione della Donna di Giovanni, nell’Apocalisse (cf. Apocalisse 12,1).

Nella parte inferiore, senza cornice, troviamo raffigurati:

Sant’Antonino (III secolo – morto a Piacenza nel 303), patrono di Obino, verso cui guarda la “Mezzana”. Secondo la tradizione apparteneva come Vittore alla legione Tebaica. Gli studiosi ritengono leggendaria questa sua appartenenza. È presentato nelle vesti di un soldato a cavallo e nella mano sinistra tiene il vessillo, simbolo di vittoria, in riferimento alla sua vittoria attraverso il martirio.

Gesù in croce, con l’iscrizione latina INRI (Gesù Nazareno re dei Giudei). Non appaiono in questo caso Maria e Giovanni.

Le anime purganti, tre figure tra le fiamme, tra cui una liberata da un angelo. Una simile rappresentazione si può notare nella chiesa parrocchiale, nella prima cappella laterale a destra della navata.

Anche questa campana riporta lo stemma della fonderia Bizzozero, come visto in precedenza.

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nota: mi bemolle; peso: 970 kg; anno: 1829; Ø 117 cm; Ø ruota 230 cm.

Pesa 970 kg (bronzo), guarda nella direzione della frazione al Ponte. Con la sua tonalità in mi bemolle annunciava e annuncia ancora oggi l’inizio della scuola. È la campana più recente.

Porta la scritta: HONORIFICENTIA GENTIA POPULI CASTELLI S. PETRI. CARO MEA LAPIDATA EST, DEUS MEUS (Onore al popolo di Castel San Pietro. La mia carne è lapidata per te, mio Dio). Un riferimento alla lapidazione di sant’Eusebio, come descritto testualmente nel quadro dietro l’altar maggiore della parrocchiale. Ma pure un riferimento alla festa del santo Crocifisso, voluta dalla popolazione di Castello, per onorare la protezione avuta attraverso il Crocifisso miracoloso.

Le raffigurazioni riprendono in immagine la scritta latina. La Crocifissione nella sua semplicità. Sopra la Crocifissione l’iscrizione “Bizzozeri varenses fecerunt” (i Bizzozero di Varese fecero).

La Vergine Addolorata, sostenuta dalle pie donne.

L’immagine di sant’Eusebio (Sardegna 310 – Vercelli 371), patrono della chiesa parrocchiale.  Anch’egli, come Ambrogio, fu difensore della Trinità contro le eresie di Ario.

La bella immagine della Trinità appare accanto alla figura di sant’Eusebio.

Non manca la figura di san Pietro, roccia della Chiesa (cf. Mc 8), a cui è dedicata la chiesa romanica, nella frazione Al Ponte, verso cui guarda la quarta campana. San Pietro è ben riconoscibile dalle chiavi poste nelle sue mani.

Accanto a Pietro troviamo san Paolo, l’altra colonna della Chiesa, che da persecutore diventa forte annunciatore della Parola.

Non manca la figura di San Rocco (Montpellier 1295 – Piacenza 1345), tanto venerato in Ticino contro la peste. La frazione Al Ponte, verso cui è rivolta la campana, ha alle sue porte una cappella dedicata proprio a questo Santo.

Significativa è l’immagine dell’Arcangelo Michele, raffigurato con una bilancia per pesare le anime nel giorno del giudizio, invocato per la buona morte. La sua iconografia si ricollega al libro dell’Apocalisse (cf. Ap 12,7-9).

 

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nota: re bemolle; peso: 1370 kg; anno: 1796; Ø 132 cm; Ø ruota 260 cm.

È la campana più grande, pesa 1370 kg (bronzo) e guarda verso il nucleo del paese, la casa comunale, Corteglia. È di proprietà del patriziato. Con la sua tonalità in re bemolle suonava i rintocchi delle tre del pomeriggio di ogni venerdì, memoria della morte del Signore, suonava durante i temporali per prevenire la grandine (“sunà da rüm” probabilmente da rumore), suonava a martello per annunciare gli incendi e per la mobilitazione militare, annunciava la Quaresima alle undici di sera del martedì grasso. Oggi suona i rintocchi di morte, invita alle votazioni e all’Assemblea patriziale.

L’iscrizione riflette le numerose funzioni appena ricordate: GENTEM VOCO, CONGREGO CLERUM, DEFUNCTOS PLORO, HOSTES FUGO, FESTA DECORO, LAUDO DEUM VERO (richiamo la gente, raduno il clero, piango i morti, metto in fuga i nemici, decoro le feste, lodo il vero Dio).

Belle le immagini di san Pietro, san Paolo e sant’Eusebio, ricorrenti anche nelle altre campane.

Particolare la rappresentazione di sant’Agata (Catania III secolo), molto popolare nelle terre del Ticino. Questa raffigurazione potrebbe confondersi con l’Annunciazione, ma l’ostentazione dei seni e l’angelo che porta la palma del martirio non può trarre in inganno: secondo la tradizione ad Agata vennero recisi i seni.

Nella raffigurazione sul “Campanone” mostra i seni al Cielo, in segno di offerta. Sant’Agata è invocata non solo contro le malattie del seno, ma anche contro gli incendi. Visto lo scopo del “Campanone” la sua presenza è certamente voluta.

Non manca, come in ogni campana, la Crocifissione; qui con Maria e l’apostolo Giovanni.

Sant’Antonio abate (Egitto 251 - 356), ben riconoscibile dall’abito monacale e dal bastone accompagnato da una campanella, protettore degli animali. In una comunità legata alla terra e al bestiame, questa presenza è tanto popolare e tanto preziosa.

Santo monaco, non ben identificabile, forse Agostiniano. Potrebbe essere san Nicola da Tolentino (Pontano 1245 – Tolentino 1305), venerato nella frazione di Corteglia, a cui si volge il “Campanone”.

Nella parte inferiore troviamo, come nella “Pinina” le immagini di Giovanni Battista, san Giovanni Nepomuceno e di sant’Antonio da Padova.

 

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Questa breve analisi, senza alcuna pretesa, ha voluto descrivere le campane e capire il linguaggio da esse “parlato”. Pur essendo un’analisi puramente descrittiva, non possiamo sottacere alcuni intenti precisi, da parte dei committenti, nella scelta dei santi da raffigurare sulle campane.

Anzitutto rappresentare i santi legati alle varie parti del paese verso cui si rivolgono le campane: san Vittore verso Balerna (Mezzanella), san Carlo e sant’Antonino verso Obino (Mezzana), san Pietro e san Rocco verso il Ponte (Mezzanone), un monaco agostiniano (san Nicola da Tolentino?) verso Corteglia (Campanone). Un’attenzione, quindi, a tutto il paese.

Ci colpisce pure la grande venerazione per il Crocifisso, presente su tutte le campane, a caratterizzare la “devozione” del popolo di Castel San Pietro.

Oltre a ciò il riferimento costante ad immagini sante presenti nella chiesa parrocchiale: il Crocifisso, l’Addolorata, l’Assunta, sant’Eusebio, sant’Antonio da Padova, le anime purganti e nell’affresco della volta san Pietro, san Paolo e san Vittore.

Quasi a creare un legame unitario tra campanile e chiesa, tra voce che richiama in assemblea attorno all’altare e voce che prega, in chiesa, il suo Signore. Tutti i santi, comunque, sono stati scelti per la loro popolarità.

 

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Bibliografia

Bib-ST-000 - Testo di Ing. Arch. Michele Cuzzoni

Bib-ST-790 - MONOGRAFIA DI AUTORI VARI - Duplicazione integrale del Bollettino Parrocchiale di Castel San Pietro (2005)

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