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 Campane e concerti storici - Regione Veneto

AREA II - ARCHIVIO STORICO (ARS)

Cap. ARS-H20 - Rassegna bronzi storici - Pag. ARS-H20.05

Gli argomenti trattati sono stati inseriti da Ing. Arch. Michele Cuzzoni nel 2011 - © Copyright 2007- 2024 - e sono desunti dalla documentazione indicata in Bibliografia a fondo pagina


 

    (VR) - Verona: Antica Campana dei Canonici - di Nicola Patria

 

INDICE:

 

TORNA A SUONARE L’ANTICA CAMPANA DEI CANONICI DELLA CATTEDRALE DI VERONA

 

Su Maestro Jacobus da Verona, autore del bronzo in questione, si sa ben poco. Fu attivo in tutto il Veneto ed il Friuli (fuse nel 1394 una campane per Cordenons) e potrebbe essersi formato nell’officina itinerante dei fonditori Manfredino o Vivenzio e Vittore, tutti veneziani.

 

Nel 1366 fece una campana per San Pietro in Mavino di Sirmione di circa 40 cm di diametro che reca le seguenti inscrizioni: AVE MARIA GRATIA PLENA DOMINVS TECVM MAGISTER JACOBV M(e) C(onflavit). MCCCLXVI.

 

Nel 1370 fuse (su commissione degli Scaligeri, signori della città) la monumentale campana delle ore per la torre del Gardello, in piazza delle Erbe in Verona, il cui orologio a rintocchi è uno dei più antichi d’Europa. Il diametro di questo bronzo sfiora i 128 cm mentre il peso si stima attorno ai 1800 kg, la nota emessa è un Fa3 calante. La sagoma ultrapesante e le dimensioni dell’opera costrinsero il Nostro a prendere degli esperti accorgimenti, come una piccola pausa di fusione una volta che la colata arrivò alle treccie, per far meglio assestare la massa liquida già depositata.

 

Il partito decorativo è costituito da una fascia in calotta ed una in spigolo inferiore recanti le seguenti inscrizioni: AVE MARIA GRATIA PLENA DOMINVS TECVM MAGISTRO JACOBV FECIT FATA ANO DOMINI NOSTRI SENIORI JESV CHRISTI MCCCLXX SVB MAGNIFICO DOMINO CANSIGNORIO DE LA SCALA DOMINO VERONE LVLIO XXV. Nella parte mediana compaiono tre grandi immagini in rilievo. L’opera è conservata al Museo di Castelvecchio.

 

Nel 1381 fuse la campana ancora oggi suonabile manualmente sullo splendido campanile di Borghetto sul Mincio (Vr), del diametro di circa 50 cm. Nel 1385 preparò il bronzo per Santa Maria Mater Domini, oggi conservato a Castelvecchio, recante le seguenti inscrizioni: MCCCLXXXV ISTA CAMPANA EST ECCLEXIE SANTE MARIE MATER DOMINI MAGISTER IACOBV ME (fecit).

 

Le opere di questo fonditore recano impressa una enigmatica V gotica trifogliata che sta ad indicare, forse, la sua città: Verona. Le sagome, dalla classica forma stretta ed allungata “Pan di Zucchero”, saranno destinate a dare ispirazione ai successivi fonditori scaligeri come i Bonaventurini, De Levi, Pisenti, Poni e Larducci, che daranno vita alla prestigiosa scuola Veronese che lascerà un patrimonio indelebile nel campo dell’arte fusoria italiana.

 

Dal punto di vista decorativo ci troviamo di fronte ad opere sobrie, di chiara ispirazione nordica: lo schema tipico prevedeva una doppia fascia con scritta in calotta ed una sullo spigolo inferiore, lasciando la parte mediana libera per qualche eventuale immagine stilizzata non racchiusa in cammeo. La semplicità era di certo funzionale alla ricerca del mantenimento della purezza e linearità delle vibrazioni. Il suono delle campane di Maestro Jacopus è deciso, colorito, brillante ed estremamente espressivo, pur con le imprecisioni nella struttura tonale tipiche dell’epoca.

 

In epoca medievale, il campanile del Duomo di Verona era un’incompleta torre in stile romanico che ospitava almeno due campane: una campana grossa ed una mezzana, fusa da Vivenzio e Vittorea Venezia nel 1358 e trasportata via Adige fino a Verona (peso 400 kg, diametro 84 cm, oggi conservata in Castelvecchio).

 

Nel 1384 venne commissionato a Magister Jacobus un “dindin” o “squilla”. Il bronzo, di proprietà dei canonici, serviva (e servirà nuovamente d’ora innanzi) espressamente per annunciarne le funzioni liturgiche. Più tardi nei secoli, per un qualche tempo, venne smontato e collocato in un non più esistente campaniletto, adiacente il chiostro, ma tornò poi nella cella della torre campanaria vera e propria.

 

Il bronzo che qui trattiamo, è stato fuso in Verona nel 1384, ha la tipica forma medievale “pan di zucchero”, stretta ed allungata che presenta un’improvvisa svasatura in prossimità del bordo.

Emette la nota Fa4 ed ha una sagoma pesante (usata comunemente nel Medio Evo), ossia una quantità di bronzo superiore a quanto normalmente richiesto per la sua tonalità, al fine di rendere il suono più corposo e potente. Il peso è, infatti, stimato circa in 150 kg ed il diametro è di 57,2 cm.

La campana è montata a “slancio” su un ceppo ligneo del XVIII secolo, posizionato su di una mensolatura, sempre in legno, posta nel finestrone aggettante sulla piazza. Il bronzo è azionato manualmente mediante una fune. Reca una doppia fascia in calotta ed una in spigolo contenente l’inscrizione a caratteri medioevali: MAGISTER JACOBV ME FE(cit) MCCCLXXXIIII V(erona). Il suono è gradevole, pieno, brillante, deciso e colorito. In epoca rinascimentale vi un fu un tentativo malriuscito di completare la torre che raggiunse le grandiose forme attuali solo nel 1925.

Nel 1979, per una mostra, la campana venne portata a terra per finire poi collocata nella chiesa di Sant’Elena, ove restò fino al 2009 quando, con soddisfazione, fece ritorno nella sua esatta posizione originaria, al primo piano del campanile del duomo che (fino a prima dell’innalzamento) era la cella delle campane ed oggi è uno degli spazi della torre adibiti a museo sull’arte campanaria che viene curato dalla Scuola Campanaria Verona. L’occasione è stata fornita dai lavori di completo restauro del campanile e grazie alla disponibilità dei canonici della Cattedrale.

 

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Bibliografia

Bib-ST-000 - Testo di Ing. Arch. Michele Cuzzoni

Bib-ST-339 - Monografia di Nicola Patria

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