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 Famiglie di Fonditori storici - Regione Emilia Romagna

AREA II - ARCHIVIO STORICO (ARS)

Cap. ARS-G05 - Rassegna fonditori storici - Pag. ARS-G05.39

Gli argomenti trattati sono stati inseriti da Ing. Arch. Michele Cuzzoni nel 2023 - © Copyright 2007- 2024 - e sono desunti dalla documentazione indicata in Bibliografia a fondo pagina


 

  (RE) - Reggio Emilia - Famiglia Ruffini - di Nicola Patria

Monografia di Luca Chiavegato su Giuseppe Ruffini

 

 

INDICE:

Reggio Emilia, secoli XVIII-XIX.

 

A Reggio Emilia esisteva, nel settore della fusione di campane, tra il 1700 e il 1800 la Famiglia Ruffini.

 

INDICE

 

 

Reggio Emilia, XVIII secolo

Fonditore di campane attivo fino al 1755 circa, padre di Giuseppe e Carlo.

 

Giuseppe Ruffini

di Luca Chiavegato

 

“JOSEPH RVFFINI REGII FVNDITOR.”

GIUSEPPE RUFFINI 1721ca. – 1801.

 

    

Discendente da una famiglia di fonditori di probabile origine lombarda[1] che per almeno due generazioni ebbe la più ricca area di mercato del periodo e seppe imporsi anche sulla spietata concorrenza, Giuseppe Ruffini nasce sulle colline dell’Appennino emiliano tra Modena e Reggio Emilia attorno al 1721. Sino alla metà degli anni cinquanta lavora con il padre, Giovanni Domenico, dal quale apprende l’arte della fusione dei metalli, e con i fratelli peregrinando tra le province emiliane di Modena e Reggio e la Toscana[2]. In seguito, abbandonata la famiglia ma non la  propensione al viaggiare che lo porterà a formarsi un mercato così ampio da non avere eguali, inizia la sua carriera di artista delle campane che terminerà a Verona nell’ottobre del 1801. Dalla seconda metà del secolo diminuisce la sua presenza, almeno come fonditore, nei territori natii che però non abbandona mai; la sua attività si sposta principalmente nelle province di Trento, Verona e Mantova. In particolare nella città lombarda riesce ad imporsi in brevissimo tempo come fonditore ducale superando in tecnica le maestranze locali, abili ma non specializzate. Legato alle sue radici, non abbandona mai il titolo di reggiano e continua a firmarsi “REGII FVNDITOR” o “REGGENSIS”. Solo per il breve periodo in cui collabora con il suo allievo e socio, Antonio Maria Partilora, nelle piccole targhette non vengono menzionate le zone di origine dei singoli artisti ma unicamente quella della fonderia.

   Secondo Spinelli e Parmeggiani già nel 1736 alcune campane portano la firma di Giuseppe Ruffini ma è difficile affermarlo con certezza in quanto a quindici anni l’artista poteva solo collaborare con il padre. Le quattro campane di San Giacomo di Roncole (Modena) sono probabilmente una collaborazione. Anche i due bronzi per la chiesa di Rocchetta di Guiglia (Modena), sebbene di quattro anni più tarde, sono opere a più mani. La campana, ora in possesso privato, del 1746 è forse tra le prime che il padre lascia firmare autonomamente al figlio. Lo Spinelli pone nel 1750 una fusione per la chiesa di Aquiaria (Modena) ma la cosa non viene confermata dal Parmeggiani. Interessante nel 1751 è un contratto di fornitura di campane per la chiesa di San Michele dei Mucchietti (Modena)[3] la cui fusione venne però realizzata di fatto dal padre[4], Giovanni Domenico. Sempre dello stesso anno è la fusione di una campana a Montorso (Modena) che viene poi rinnovata, assieme alle altre esistenti, negli anni settanta del secolo successivo. Nel 1752 fonde le due campane della parrocchiale di Montecenere (Modena) e l’anno successivo le tre di Montebaranzone (Modena).

   Sempre nel 1753 lo Spinelli menziona due importanti commissioni che, come altre, non trovano corrispondenza in pubblicazioni successive: la campana dell’orologio della Caserma, e la campana per la Basilica di San Pietro nella città di Modena. Lo storico pensa alla formazione di un doppio con le tre campane esistenti dei fonditori Censori di Bologna. In seguito il Ruffini lavora in continuità ma, mancandoci almeno per il momento precise documentazioni, restano dei vuoti di alcuni anni come quello che separa queste campane dalla fusione del concerto di Maserno (Modena) avvenuta tra il 1755 ed il 1756. In questo periodo Giuseppe Ruffini risiede a Pistoia e lavora con il padre ed i fratelli.

   Nel 1757 la comunità di Castelvetro nel modenese lo chiama per rifondere la campana civica della torre dell’orologio[5]. In seguito fonde alcuni bronzi per le chiese parrocchiali di Villabianca (Modena) e San Dalmazio (Modena). Lo troviamo quindi a Novellara (Reggio Emilia) per la fornitura di tre campane alla chiesa parrocchiale, mentre a San Pancrazio, alla periferia di Modena, fonde un concerto di tre campane[6]. Dal 1761 è attivo nelle due provincie emiliane, che allora erano parte di uno stesso regno sotto la dinastia estense: qui ritroviamo infatti una sua campanella nell’oratorio di San Giorgio di Lentigione (Reggio Emilia), un’altra nella parrocchiale di Bastiglia (Modena) ed altre tre in quella di San Biagio in Palude (Modena).

    In questi anni è probabilmente già uscito dai confini dello stato estense anche se non si è ancora spinto fino alle chiese principali delle città vicine. Nel 1762 è però a Mantova dove lavora nella fonderia ducale di San Giorgio[7]. Qui la sua prima opera pubblica è la fusione della campana maggiore della torre del Duomo dedicato a San Pietro che, con un diametro di 1.563 mm ed un peso di circa 2.300 kg rimane il bronzo più grande, finora censito, dell’artista. Fra le numerose inscrizioni, il Ruffini si firma: “…A.D. MDCCLXII OPUS RUFFINI REGGIENSIS VNA CVM IVLIO GATTI MANTOVANO[8]”. Le campane fuse per l’occasione sono due, con tutta probabilità la seconda campana è la terza in ordine musicale come nella moda dei grandi concerti.

   Questo grande successo porta, lo stesso anno, la coppia Ruffini-Gatti alla fusione di un altro bronzo importante non tanto per le dimensioni quanto per l’imponenza del luogo che lo avrebbe ospitato: il campanile della Basilica Palatina di Santa Barbara. Qui va ad arricchire il gruppo di storiche campane che a partire dal 1554[9] sono state collocate sulla torre. In quest’opera la coppia di artisti si firma separatamente: ”…IVLIO GATTI MANT. FVND. CAMP.” e “…IOSEPH RUFFINI REGGIENSIS FVND. DVC.” [10]. Il successo dei bronzi porta il Ruffini al titolo di fonditore ducale.

Non si sa con certezza che tipo di rapporto esistesse tra i due; per certo nel 1764 il Gatti pone sul campanile di Sant’Egidio una campana autografa - ancora esistente nel 1921 all’ispezione di Giuseppe Gerla - con una lunga inscrizione: ”IN NOMINE IESVS OMNE GENVFLECTATVR COELESTIVM TERRESTRIVM ET INFERNORVM ANNO MDCCLXIV IVLII GATTI MANTVANI OPUS”. Questa è l’ultima campana censita firmata e datata dell’artista[11]mantovano. Non sappiamo se sia stato il Gatti ad iniziare il Ruffini alle campane di grandi dimensioni ma non si può escludere il contrario visto che nella fonderia ducale di San Giorgio lavoravano assieme numerose maestranze di vari settori.

   Nel 1763 troviamo solo testimonianze di campane firmate con il cognome Ruffini nella chiesa parrocchiale di San Paolo a Concordia sulla Secchia, a Roncole e l’ultima campana rimasta nella chiesa di San Michele dei Mucchietti, probabile rifusione o aggiunta alle preesistenti, tutti in provincia di Modena, opere realizzate probabilmente in collaborazione con i fratelli.

   In questi stessi anni Giuseppe Ruffini comincia a lambire anche i territori di Verona e di Trento e nel 1764 fonde, secondo l’Inama, sei grandi campane in DO naturale per la parrocchiale di San Martino a Fondo (Trento): cinque nella scala diatonica maggiore, più l’ottavino[12]. Lo stesso anno riceve un’importante commissione dal paese di San Possidomio, nella pianura modenese, dove realizza cinque campane con le note essenziali per i più comuni concerti emiliani di quattro elementi, formando il cosiddetto ottavo, in quanto la campana grande e le tre campane mezzane formano il sesto, mentre gli stessi tre bronzi con il minore formano il maggiore classico[13]. Per quanto riguarda i successivi tre anni abbiamo un vuoto documentario a colmare il quale ci viene in aiuto un libretto antico in cui sono citati una serie di paesi dove i Ruffini, non solo lui ma anche i suoi parenti più stretti ovvero il padre ed i fratelli, hanno fuso sacri bronzi. Il testo è datato 1770 e cita paesi delle provincie trentina, veronese, bresciana, reggiana, modenese, parmense, piacentina, cremonese e molte altre che, sebbene con tanti dubbi, danno una panoramica sia della diffusione della opere della dinastia sia del loro fiorente mercato[14].

   Interessante è la testimonianza dello Spinelli che, trattando delle campane del 1766, attesta che nelle chiese di San Rocco e di San Bernardino da Siena di Carpi (Modena), vi erano campane firmate Fratelli Ruffini. Questo porta a pensare che Giuseppe ed uno dei suoi fratelli o entrambi abbiano collaborato per un breve periodo della loro vita sino a che il primo non si è proiettato su un mercato più ampio e fertile come quello mantovano, veronese e trentino mentre il secondo è rimasto a sopperire le esigenze del mercato locale. Per la chiesa di San Pietro di Reggio nell’Emilia Giuseppe Ruffini promette di fondere la campana maggiore e di intonarla secondo il volere dell’abate a titolo gratuito; in cambio chiede la terra di scarto dello scavo del fondamento della nuova torre campanaria. Non si sa però con certezza se il contratto sia stato effettivamente eseguito.

   Nel 1767 Giuseppe Ruffini installa sul piccolo campanile della chiesa di Pampuro di Sorgà (Verona) due campane; firmandole tralascia il titolo ducale per rimanere solo: “…FUSOR JOSEPH RUFFINI REGGIENSIS[15]”. Lo stesso anno fonde a Moglia di Gonzaga (Mantova) due campane di medie dimensioni[16].

   Un’importante testimonianza delle sue indagini musicali ci è data dal suo Diapason riportato su campane successive ma il cui stampo in negativo risale proprio all’anno 1767. Importantissima è la commissione delle sei campane per la parrocchiale di Cavedine[17] (Trento) fuse nel 1768 e benedette, con le due campane di Torbole di Riva del Garda (Trento), nella chiesa di San Marco a Trento il 4 Febbraio 1769.

   Alla fine degli anni sessanta del XVIII secolo il Ruffini è chiamato dalla comunità di Ostiglia (Mantova) per fondere un concerto di quattro campane a salto in RE maggiore; di queste la tonica, ossia la maggiore, esiste ancora. Il pagamento del campanone era a carico del comune diventando campana civica, mentre le altre tre erano a carico dei fedeli della chiesa di Santa Maria di Castello, essendo il concerto posizionato su quella torre. Questa campana, reduce dello scomparso concerto, porta come le precedenti lunghe inscrizioni che terminano con la firma dell’artista[18]; in questo caso: “…ANNO DNI MDCCLXIX PER IOSEPH RUFFINI REGII ET MANTVAE FONDITOR”. Questo gruppo di campane, intonate secondo l’accordo armonico maggiore, è detto concerto a salto. Anche sul campanone ostigliense il Ruffini colloca il suo Diapason con una lunga inscrizione: ”SCALA DEI ORDINI DIATONICO CROMATICO ET AENARMONICO” firmata nella parte bassa: “JOSEP RVFFINI REGII FVN EX TRUXIT A.D. 1767[19]”. 

   L’anno successivo torna ad Ostiglia per fondere la campana della torre dell’orologio, trasportata a metà del XIX secolo, sull’orologio dell’ospedale civile. Su molte campane minori, come questa, non cita i suoi titoli rimanendo quasi in forma anonima: “…A.D. MDCCLXX PER IOSEPH RUFFINI[20]”.

   Rimane quindi a Mantova dove lavora per il monastero di San Barnaba e nel 1770 installa due campane del vecchio concerto andato perduto[21].

   Questo fatto è importante perché conferma nelle decorazioni ciò che si è potuto solo ipotizzare trattando del campanone di Cavedine e di Ostiglia: lo studio cioè della fonica nella corrispondenza delle varie note nell’impostazione cromatica della musica e della musicalità gregoriana. Al tempo stesso la rappresentazione del suo Diapason su alcune delle sue campane mostra il suo interesse per la musica in generale e quella specifica e un po’ ristretta per le campane. Tale studio, diventato un ulteriore modo per personalizzare le sue opere, appare anche su alcuni bronzi fusi per il trentino come, per esempio quello fuso nel 1772 per la chiesa curaziale di Bondo (Trento)[22] in cui la grande campana-cornice, è attorniata da simboli araldici e da arnesi da lavoro[23].

   Sempre quell’anno Giuseppe Ruffini innalza a Vallarsa (Trento) un poderoso concerto di sei campane in DO naturale con cinque elementi in scala ed ottavino[24]. Questo e quello di Fondo, fuso in precedenza, anticipano di alcuni anni quello di San Giorgio in Braida a Verona che si ritiene, in ambito veronese, il primo dell’artista.

   Nel 1771 lo Spinelli lo vuole attivo nel paese di Disvetro (Modena) ma questa informazione non è confermata dalle ricerche successive, infatti il Parmeggiani afferma che la campana qui fusa va  attribuita al fratello Carlo.

   Il 1772 è un anno particolarmente prolifico per Giuseppe Ruffini specie nel trentino dove, oltre ai già citati bronzi di Bondo e Vallarsa, fonde campane per Cavrasto, Sclemo, Stennico, Seo e Vion; tutte fusioni di una o due campane. A Pelugo (Trento) e a Ca’ Bianca di Finale Emilia (Modena) troviamo testimonianze di sue opere l’anno successivo.

   Tornato a Mantova, nel 1774 è chiamato nel basso veronese ad Isola Rizza per fondere tre campane per la nuova chiesa costruita proprio in quel periodo. Quasi con assoluta certezza anche su queste campane è presente il Diapason. Lavora quindi, sempre in trentino, con Giovanni Chiappani (11/7/1756 – 13/2/1788), figlio di Bartolomeo (17/8/1728 – 15/9/1804) e suo allievo e socio dal 1770, fornendo campane a Banco di San Zeno, Fondo, Albiano e Priò di Vervò. 

   Le due più importanti fusioni del 1775 sono le campane di San Giorgio di Rovereto (Trento), e l’aggiunta di quattro campane alle tre preesistenti del concerto di Villalagarina (Trento) dove la fabbriceria locale, non approvando la soluzione del concerto in tono minore della prima proposta, celebra con esultanza l’ampliamento massiccio del predetto gruppo di campane[25].

   Fino al 1775 risiede ora a Mantova, ora a Trento ma già prima del 26 luglio 1776, data della sua entrata nella Corporazione dei Fabbri e Calderai di Verona[26], si è trasferito nella città scaligera dove, superata la prova d’ingresso che consisteva nel fondere una campana di 180 pesi veronesi - 15 quintali ca. - per la chiesa di Colognola ai Colli[27], apre una fonderia nei pressi della sanmicheliana Porta Nuova. 

   Lo stesso anno Giuseppe Ruffini adatta il concerto di cinque campane in SOL maggiore calante per la chiesa di San Giorgio in Braida[28] che per la città di Verona è il secondo gruppo di campane intonato sulla scala diatonica maggiore dal momento che fa seguito al concerto di cinque bronzi con scala in FA maggiore creato nel 1755 dal fonditore cremasco Domenico Crespi   (13/8/1703-1/10/1765) per la chiesa di San Fermo Maggiore. In precedenza a Verona i gruppi di campane, o concerti, erano costituiti da campane di grandi dimensioni ed avevano intonazione a salto dal momento che costituivano un accordo armonico maggiore con prima, terza, quinta e ottava di un concerto ad otto campane intonate secondo la scala maggiore dove quinta e ottava erano le due minori. Questi concerti avevano a Verona una tradizione dal momento che già nel XVI secolo una famiglia di fonditori originari di Pescantina, i Bonaventurini, ne avevano installato nel 1551 uno nella chiesa di Santa Maria in Organo e che nel corso del Seicento il fonditore veronese Bartolomeo Pisenti ne aveva prodotti uno per la chiesa di San Nicolò all’Arena nel 1682 ed un secondo per quella di San Bernardino nel 1684. Il successo del concerto armonico fu per altro tale da soppiantare quello più l’antico a salto, e quello dei gruppi di campane installate alla rinfusa come quelle della Basilica di San Zeno Maggiore[29].

   Nonostante ciò il Ruffini continua a fondere campane singole da inserire su torri sulle quali ve ne erano già altre non accordate. È il caso della quarta del concerto di Casaleone (Verona) fusa nel 1776 ed inizialmente priva delle inscrizioni in rilievo, cesellate sul dorso solo a fusione avvenuta. Il Ruffini produce quindi campane per San Zeno di Montagna (Verona) e per Valli del Pasubio (Vicenza) dove fonde, in loco, cinque campane in MI bemolle maggiore. Di queste ci rimane solo la minore, scampata alle requisizioni.

   Il 1777 si può dire l’anno più fecondo per la produzione trentina del Ruffini. L’elenco dei paesi ed il numero di campane fuse facevano invidia a molti concorrenti. Tra le tante citiamo per la mole e per essere l’ultima campana con il berretto e la più tarda, la campana maggiore d’Ossana nell’alta Val di Sole[30] (Trento). Questo vero e proprio capolavoro dell’arte fusoria presenta all’interno un particolare che ad un attento osservatore non può sfuggire: l’innesto nella sagoma del berretto viene scavato in modo da aumentare la volumetria della cassa armonica abbassando così di tono le vibrazioni che si sviluppano in quella parte del bronzo.

   Nel 1778 è di nuovo a Mantova per la fusione della prima campana del vecchio concerto di San Barnaba, integrato in seguito con fusioni e rifusioni delle campane seconda, terza e quinta o maggiore dalle fonderie Luigi Cavadini di Verona e Daciano Colbachini di Padova. * L’attuale concerto di questa chiesa consiste in cinque bronzi impostati sulla scala tedesca del Gloria - che consiste nella prima, nella seconda e nella quarta nota della scala diatonica maggiore - raddoppiandola creando oltre agli intervalli musicali di seconda e terza, anche quelli di quarta, abbandonando lo schema musicale gregoriano della scala diatonica maggiore promosso dal Ruffini. Le note musicali espresse da questi bronzi sono: RE naturale, MI nat., SOL nat., LA nat., DO nat. (si noti che la terza campana cioè il SOL nat., è la minore del primo terzetto e la maggiore del secondo). Nonostante la possibilità di maggiori intervalli musicali, il Diapason ruffiniano, permette all’occorrenza, di ampliare concerti di cinque, sei, sette anche se molto raro, otto e più campane creando con la possibilità delle molte e semplici note, una vasta gamma di suoni.

   Sempre nel 1778, fonde una campana per la chiesa di San Martino in Mantova, sulla quale si firma solo con il nome: “FATTA RIFONDERE DAL SIG. PIETRO BOLGIANI PRIMO FABBRICERE DI S. CARITA’ E DI S. MARTINO IN MANTOVA DA GIUSEPPE” (manca il posto per Ruffini essendo l’inscrizione costituita da un’unica riga come menziona il Gerola o. c.). Lo stesso anno torna nel parmense dove a Bedonia fonde almeno la campana minore di quel gruppo di sacri bronzi.

   Nel 1779 rifonde due campane della Torre dei Lamberti, ricreando il concerto a salto più poderoso del veneto formato dal RE naturale della Marangona come tonica, dal FA diesis della Baiona come terza, dal LA naturale della Consolata come quinta, dal SI bemolle del Rengo come terza grave sotto la tonica e dalla Campana delle Ore come ottava del Rengo[31]. Questo è anche l’anno dell’invenzione del suo stemma caratteristico per eccellenza: il medaglione con il suo profilo ricalcante le medaglie e le monete romane prima, rinascimentali poi. Questo suo marchio di fabbrica, tanto elegante quanto eccentrico, dimostra una straordinaria cultura dell’antichità. Nella targhetta sottostante è poi scritto, in rilievo, l’anno di coniazione del medesimo e il titolo dell’artefice: “JOSEPH. RVFFINI. REGII. FUNDITOR+ A.D. MDCCLXXIX. ET.SO”.

   Per la città di Verona sicuramente non ha eseguito solo queste due importanti commissioni. Le monache di San Michele in Campagna, oggi Extra, gli commissionano proprio quell’anno la rifusione della seconda campana del loro concerto[32]. Il successo dei suoi molti lavori riesce ad oscurare le capacità di altri fonditori veronesi come Giuseppe Antonio Larducci[33] (1723-post. 1781) e di altri che avrebbero voluto entrare nella città come i Soletti di Brescia ai quali restavano le scarse possibilità che la provincia poteva offrire.

   Sempre nel 1779 escono dalle fonderie alle quali Giuseppe Ruffini si appoggia le quattro grosse campane in DO naturale per Isera (Trento), quelle per Lardaro sempre nel trentino, ed una piccola campana per Santa Caterina di Concordia (Modena) uscita dalla sua fonderia di Mantova.

   Nel 1780 lo troviamo ad Ala (Trento) per la fusione di una bella campana in FA naturale. Sulla stessa torre vi è un altro bronzo, più piccolo e grezzo ma sempre dovuto all’officina di Giuseppe Ruffini che arriva lo stesso anno a portare campane anche nel reggiano a Felina Amata dove, in casa Pignedoli, vende una sua opera. È il periodo più fortunato dell’arte di Giuseppe Ruffini.

   Per il duomo di Mirandola (Modena) fonde a Mantova tre campane da accordare a quella maggiore già esistente dal 1736. Troviamo testimonianze scritte di campane fuse anche per la provincia di Trento, ma, stranamente non ci sono fusioni di campane nella città dei Principi-Vescovi, forse perché le poche campane che si rompevano in città erano subito rifatte, prima che si spargesse troppo la voce, da fonditori privilegiati come i Maffei[34].

   Nello stesso periodo Giuseppe Ruffini fonde numerose campane di varie dimensioni, in prevalenza di piccole dimensioni, anche la provincia di Verona ed in particolare per la Bassa. Tra queste quella dell’oratorio di Sant’Antonio a Casalbergo d’Isola della Scala nel 1782; quella della pieve di San Giovanni Battista in campagna a Bovolone nel 1787; e quelle dell’oratorio di Santa Maria delle Grazie a Roverchiaretta di Roverchiara dove gli viene conferito l’incarico di fondere due campane una nel 1787 e l’altra nel 1791.

   Nei primi anni ottanta lo troviamo principalmente in trentino: nel 1783 a Vigolzano (Trento) firma una delle poche campane assieme al suo garzone Giovanni Chiappani[35]; l’anno successivo fonde molte campane per il Primiero (Trento) ed in particolare, a Fiera, il concerto di quattro campane in DO naturale in scala armonica maggiore e nelle chiese secondarie una o due campane probabilmente tutte della stessa fusione. Uno dei bronzi della parrocchiale di Fiera è oggi conservato, perché fessa, al Museo Veneto delle Campane di Montegalda (Vicenza) e costituisce un vero capolavoro della tecnica fusoria e decorativa del maestro[36]. Il Tovazzi cita una campana del 1785 a Campo Lomaso (Trento) fusa e benedetta in sua presenza a Rovereto.

   Per la chiesa abbaziale d’Isola della Scala (Verona) fonde due bronzi nel 1787 e 1788. Secondo il Franzoni, don Tracco lo chiama a Bovolone (Verona) per issare sul possente campanile un concerto di campane del quale ne rimane una che è la terza del concerto partendo dalla maggiore fusa nel 1787 e porta il medaglione di riconoscimento[37].

   Dal 1788 al Ruffini si affianca un altro fonditore, suo allievo e collaboratore, Anton Maria Partilora[38] (pre 1776-post 1801). Assieme lavorano tra l’altro per la campana civica di Canneto sull’Oglio[39] (Mantova) fusa nel 1788 con nota RE bemolle; al concerto di Roverchiara (Verona) del 1789 in RE maggiore[40], alle campane minori di Sanguinetto (Verona) nell’oratorio delle Tre Vie sempre del 1789, dei Santi Giacomo e Lazzaro alla Tomba (Verona) e alla seconda del concerto di Casaleone[41] (Verona), firmandosi in varie targhette rettangolari semplici oppure attorniate da festoni floreali: “JOSEPH RUFFINI ET ANTONIUS PARTILORA FUNDITORES” oppure “IOSEPH RUFFINI ET ANTON MARIA PARTILORA FECERUNT”.

   Attorno ai primi anni novanta del XVIII secolo mentre alcuni dei suoi allievi, e tra questi Pietro Cavadini e Bartolomeo Chiappani[42], lasciano la sua fonderia per aprire attività concorrenziali si rafforzano per contro i rapporti con il Partilora  Anche se il Ruffini non trascura di lavorare talora da solo come quando nel 1790 firma le tre campane per Sustinenza di Casaleone, tra i due si stringe in effetti un sodalizio che dura sino alla realizzazione del concerto di San Giorgio in Salici (Verona) nel 1794 dove si firmano entrambi.  

   Nel 1790 il Ruffini lavora con il fidato allievo Partilora per le due campane di San Pietro al Colle di Caldiero e per la campana maggiore del santuario della Madonnina di Pescantina entrambe nel veronese. Sebbene lavorino assieme il Ruffini firma le campane con le famose targhette e con il suo caratteristico medaglione. E’ però interessante la piccola scritta in rilievo di questa decorazione: “A.D. MDCCLXXIX + ET SO.” dove la cosa più importante è costituita da quei due bisillabi che seguono la data: con tutta probabilità il Ruffini ha voluto omaggiare i suoi molti allievi in questo modo, citandoli tutti come soci a pieno titolo della sua grande impresa[43].

   Nel 1795 la fusione della campana maggiore del concerto cittadino di San Giorgio in Braida a Verona porta la firma del solo maestro che curiosamente, in una targhetta nuova ma soprattutto in italiano, si firma: ”GIUSEPPE RVFFINI FONDITORE”.

   Assieme al Partilora firma poi il contratto per la fornitura di cinque campane per la chiesa di San Marco di Rovereto nel 1796, ma il gruppo di campane in scala saltuaria, probabilmente non è stato realizzato a causa delle Pasque Veronesi.

   Nel 1797 lavora per la chiesa di Santa Maria in Organo, nella contrada veronese dell’Isolo, fondendo la campana maggiore uguale alla precedente. Nel 1799, fonde probabilmente la sua ultima campana per la contrada Campe di Velo Veronese che emette nota “RE naturale” e pesa circa 120 chilogrammi.

   Giuseppe Ruffini muore il 24 ottobre 1801 a Verona, lasciandoci infinite testimonianze, sparse per le varie provincie, enigmatiche nelle decorazioni, così curate e dai significati ambigui. Secondo una confidenza che don Germano Alberti, amico dei Cavadini fece agli stessi, prima che chiudessero la fonderia la salma del defunto Giuseppe Ruffini dovrebbe trovarsi in Cattedrale a Verona, dove purtroppo, un intervento di nuova pavimentazione ha cancellato tutte le lapidi tombali del piano di calpestio.

   La saldezza del rapporto fra il Ruffini ed i Partilora è attestata anche dopo la sua morte dal fatto che, probabilmente per volere di Anton Maria, alla morte del maestro, molto dell’apparato decorativo di quella fonderia sarebbe passata di proprietà della fonderia di Pietro Antonio Partilora ed ancor più dall’interesse dimostrato da quest’ultimo per il ritratto del Ruffini. Una volta entratone in possesso, per altro lo modifica nel nome e se lo intesta come testimonia la quarta del concerto di Concamarise (Verona) del 1818, la maggiore del concerto di Casaleone (Verona) fusa nel 1815 e la terza in ordine di dimensione del concerto di Quinto di Valpantena (Verona).

 

INDICE

 

   Giuseppe Ruffini; caratteristiche dell’opera

di Luca Chiavegato

 

   L’evoluzione della qualità sonora delle opere di Giuseppe Ruffini è dovuta principalmente alla sua continua esperienza nell’ambito fusorio[44] anche se non va dimenticato lo studio della definizione della nota musicale nel corpo bronzeo, ottenuta modificando il disegno della sagoma, con calcoli e perizie. Il suo impianto stilistico decorativo è stato da esempio per le tre nuove fonderie formatesi con i figli d’arte: Cavadini, Chiappani, Partilora. Ognuna cercò di personalizzarsi senza però distaccarsi dalla matrice così ben collaudata e studiata. Nessuno ebbe più a fregiarsi del titolo di FVND. DVC. Questo è un appellativo che rimane sinonimo di questo artista, come il cielo maggiorato[45], il diapason, i suoi stemmi signorili, probabilmente conquistati per merito per le buone riuscite dei suoi capolavori o quelle dei suoi avi. Elemento decorativo, comune anche agli altri componenti della sua famiglia, il diapason è composto da una grande campana con al suo interno tre file di campanelle nell’ordine dall’alto di tre, quattro e cinque. Su ogni campanella si trova una nota, la distanza musicale da una nota all’altra è pari a circa un mezzo tono. In pratica le dodici campanelle rappresentano le altrettante note che compongono l’ottava musicale. Ai lati di questo vi sono le insegne nobiliari già presenti sulle campane del padre.

   Dove non inseriva il cielo maggiorato, il Ruffini posizionava dei racemi floreali che facevano da cornice a sedici tondi narranti le storie di Cristo, come sulla campana del Museo di Montegalda (Vicenza), di Bovolone (Verona), di Canneto sull’Oglio (Mantova), di San Giorgio in Braida, oppure ripiene di busti di Santi come le campane di Sustinenza (Verona) o di farfalle e falene come quella di San Giorgio in Salici (Verona).

   Curioso il fatto che su molte campane, ritorni come motivo ornamentale, la Madonna del Rosario e/o San Domenico, riferimenti ad una cultura ecclesiastica forte, tanto da far pensare a qualcosa di più.

   Secondo l’Alberti, il cittadino Ruffini fu imputato per massoneria nella Verona francese di fine settecento, quando le idee illuministe uscivano dalla Francia repubblicana per diffondersi a macchia d’olio in tutta l’Europa monarchica e conservatrice.

   L’inserimento di simboli massonici come il sole, la luna, le stelle, e i nodi di un cordolo, soprattutto nella rappresentazione del suo diapason, specie nelle campane, come quella di Cavadine (Trento), insospettirono secondo l’Alberti, le autorità religiose. L’ambiguità del simbolo del sacrificio del Pellicano che si toglie le piume per sfamare i suoi piccoli, simbolo dell’Amore cristiano, è anche la rappresentazione di un’esoterica corrente di pensiero molto antica. L’anteporre al Crocifisso, la Madonna del Rosario voleva probabilmente mostrare la sua adesione alla “Rosa Croce” il cui simbolo per eccellenza era proprio il pellicano. L’uso di animali come farfalle, falene, libellule, cani, scorpioni, conigli, elefanti, scimmie e molti altri su molti dei quali in rilievo una lettera estranea al nome dell’animale, i numerosi arnesi del mestiere come i compassi, le stecche, i calibri, le squadre, ecc.., non sono chiari e altrimenti spiegabili su delle campane che sarebbero rimaste, per secoli, rinchiuse sulle torri, azionate da mani o motori inconsapevoli delle loro azioni.

   L’arte di questo fonditore è tutta da studiare, molte cose sono da scoprire[46], campane da catalogare, confrontare, capire per svelare misteri irrisolti per far luce su aspetti della sua personalità di fonditore, musicista matematico ed enigmatico artista della seconda metà del settecento.

 

Vedi Bibliografia

                                                                                              

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Note

[1] Secondo studi comparati con il presente ed analizzando il Catalogo della numerosa quantità di campane… (vedi bibl.) sembrerebbe che l’origine della famiglia sia da localizzarsi in Lombardia e che abbia avuto un periodo di attività particolarmente lungo: sarebbe infatti ancora attiva con un tale Pietro Ruffini, probabilmente fratello di Giuseppe e di Carlo, nei territori toscani e nel 1855 nella chiesa del Rosario di Finale Emilia (Modena).

[2] Se però vogliano credere a quanto attestano Spinelli e Parmeggiani, già dal 1736 pare abbia cominciato a produrre proprie campane andate purtroppo perdute a causa dei due eventi bellici che hanno sconvolto il mondo nel XX secolo. 

[3] GOZZADI,  1998, pp. 15-17

[4] Importante è la figura del padre Giovanni Domenico, del quale rimane, in territorio modenese, solo la seconda campana per dimensione, della chiesa di Gombola (Modena) del 1732, nella quale però è già abbozzato uno degli stemmi che saranno la caratteristica fondamentale dell’impianto decorativo del figlio Giuseppe. Tale stemma si può ammirare assieme ad altri sulla campana di Cavedine (Trento – 1768).

 

[5] Castelvetro (Modena) campana della Torre dell’Orologio: “MDCCLVII – MENSE NONO – ECC.MO DOMINO JOANNI MARCH. FILIPPI AC BONIFACII CLARISSIMO RANGONIO GENERE CASTRI VITREI DOMINORVM AERE PUBLICO FUDIT ACVTA ET REFECTA JOSEPH RVFFINI REGII FONDITORE” (sic. Così riportata dal Parmeggiani ma probabilmente con scarsa attenzione filologica).

[6] Con ogni probabilità queste campane non seguono la logica musicale della scala diatonica maggiore propriamente detta ma sono due grandi ed una piccola e manca la cosiddetta mezzanella che, nel gergo del sistema di suono delle campane in Emilia-Romagna, consiste nella seconda campana per dimensioni partendo dalla minore.

[7] La fonderia ducale di Mantova di San Giorgio, aveva sede nell’omonima zona industriale della città, fuori dal centro storico per necessità di spazio e paura di eventuali incendi che avrebbero potuto propagarsi in fretta in tutto l’abitato.

[8] “PROTEGAT VRBEM HANC PROPTER DAVID SERVVM MEVM – SEDE EPISC. VACANTE R. ECCONOMIS A ANSELM. VIVA. ET IO. CAROLO TAMBVRINI S. ECCLES. MANT. CANONICIS – AVDITE INSVLAE ET ATENDITE POPVLI DE LONGE – A.D. MDCCCXLII OPUS RUFINI REGENSIS VNA CVM IULIO GATTI MANTVANO”. Nel rilievo del Gerola c’è l’inversione nella data delle lettere X ed L trasformando così il 1762 in 1742 vent’anni non indifferenti per l’opera di un artista.

n° campana

Diam. mm

KG

Nota

A. D.

Fonditore

I

IX tonica

1563

2300

SI

1762

Ruffini Giuseppe (RE) e Gatti Giulio (MN)

II

VIII sopratonica

1425

1660

RE b

1843

Cavadini Francesco e Luigi I VR

III

VII modale

1272

1176

MI b

1843

Cavadini Francesco e Luigi I VR

IV

VI sottodominante

1190

976

MI

1843

Cavadini Francesco e Luigi I VR

V

V dominante

1065

709

SOL b

1843

Cavadini Francesco e Luigi I VR

VI

IV sopradominante

950

501

LA b

1843

Cavadini Francesco e Luigi I VR

VII

II tonica

800

309

SI

1843

Cavadini Francesco e Luigi I VR

 

[9] Il gruppo di campane della chiesa palatina di Santa Barbara, tuttora esistenti, sono state installate dal 1554 ed hanno le seguenti caratteristiche:

n° campana

Diam. Mm

KG

Nota

A. D.

Fonditore

I

Tonica

1257

1350

RE

1650

Pisenti Bartolomeo VR

II

Modale

1189

1100

FA

1589

Albenga Giorgio MN

III

sottodominante

1142

1150

SOL

1554

Arrigoni Bernardino MN

IV

sopradominante

778

280

SI

1762

Ruffini Giuseppe RE e Gatti Giulio MN

V

Tonica

650

157

RE

1934

Cavadini Ettore VR

Non esistente

?

?

?

1619

Grossi Alessandro MN

Le antiche campane non hanno una scalarità musicale nella loro disposizione fatto molto singolare perché le richieste erano spesso molto esigenti.

[10] L’iscrizione recita: MDCCLXII MARIA THERESIA IMPERATRICE REGINA APOSTOLICA DUCE MANTUAE - REGIO AERE REFORMATA REGNANTE –  IVLIO GATTI  MANT. FUND CAM – CARLO RAMESINI LVZZARA PETROZANI ABBATE – IOSEPH RUFINI REGIENSIS FUND DVC”.

[11] Gatti Giulio fonditore mantovano nel 1761, prima del probabile arrivo in Mantova del fonditore Ruffini, fonde una campana per la chiesa di S. Maddalena di Schiarino (note su un libretto mostratomi dal Cavadini).

[12] Il concerto di Fondo (Trento) iniziato nel 1764 è stato completato sempre dal Ruffini nel 1775. La requisizione del primo conflitto mondiale da parte degli austriaci portò via cinque delle otto campane che componevano il concerto.

n° campana

Diam. mm

KG

Nota

A. D.

Fonditore

I

IX tonica

1475

1957

DO

1764

Ruffini Giuseppe RE

II

VIII sopratonica

1294

1344

RE

1922

Colbachini Luigi TN

III

VII modale

1143

879

MI

1922

Colbachini Luigi TN

IV

VI sottodominante

1086

743

FA

1922

Colbachini Luigi TN

V

V dominante

986

566

SOL

1774

Ruffini Giuseppe RE

VI

IV sopradominante

855

347

LA

1922

Colbachini Luigi TN

VII

III sensibile

751

237

SI

1922

Colbachini Luigi TN

VIII

II tonica

733

205

DO

1764

Ruffini Giuseppe RE

TE SIBI DEVOTAM MARTINVS EPISCOPVS ALMVM ECCLESIAE TITVLVM QUI TENET HVIVS HABET – CONVOCO DICO NOTO DEPELLO CONCINO SIGNO ARMA DIES HORAS FULMINA LAETA SACRA – SUMPTIBUS MAGNIFICAE UNIVERSITATIS BVRGI FVNDI TEMPORE REV. D ANTONII CIOLLI ARCHIPRESYT. Altra inscrizione con la firma rovinata quasi illeggibile.

SIGNUM AD MISSAS FRANCISCVU XAVIER AD .. EXSTINCTIS FOCIS NIL MINVS POTES – ILLA EGO QVAE FVERAM POST QVATTVOR VLTIMA QVONDAM IS MINOR AT MAJOR SVM QVIA SEXTA MINOR – IOSEP RVFFINI FUDIT EXTRVXIT 1774.

IN COMPLEMENTVM RELIQVIS SVPERADDERIS TE MAJORI MINIMAM VOX CONSONANTIAE GRATIA GRATIS ADJVNGIT MDCCLXIV.

Si può notare che la quinta campana per dimensione è stata probabilmente rifusa dall’artista, dalle inscrizioni si conosce che la “sensibile” e stata fusa nel 1775, mentre l’ottavino è stato regalato dal fonditore.

[13] Il concerto di S. Possidomio è composto da cinque elementi disposti in modo tale da avere le due tipologie di “quarti” più diffusi in Emilia Romagna. Il primo di questi viene detto comunemente “sesto” in quanto la differenza di tono tra la prima campana e l’ultima considerata del “quarto” in questione e di sei note della scala maggiore (MI – DO#). Il “maggiore” classico è formato dalle tre campane mezzane e dalla minore creando un “doppio” in LA naturale.

n° campana

Diam. mm

KG

Nota

A. D.

Fonditore

I

I sesto

 

111,5

850

MI

1764

Giuseppe Ruffini RE

II

II sesto

I quarto

83,0

350

LA

1948

Cesare Brighenti BO

III

III sesto

II quarto

74,0

250

SI

1948

Cesare Brighenti BO

IV

IV sesto

III quarto

66,0

170

DO#

1948

Cesare Brighenti BO

V

 

IV quarto

55,0

100

MI

1948

Cesare Brighenti BO

HASCE QVINQVE CAMPANAS ILLVSTRISS. AC REVERENDISS. O. MARIVS E MARCHION. CASTELVETRI REGIEN. EPISC. ET PRINCEPS. HANC PRIMAM IN SS. TRINITATIS ALTERAMQ B. MARIAE V. HONOREM SOLEMNI RITU SACRAVIT A.V.E. MDCCLXIV – SANCTVS DEVS SANCTVS FORTIS SANCTVS IMMORTALIS MISERERE NOBIS. – ACHILLE TACOLI HVIVS TERRAE MARCHIONE CVRANTE AC LARGITORE PRAECLARO ECCLESIAE PAROCHI SOLIDALITATVM CLERI IX CANONICORVM CVPIDISSIMIQVE POPVLI ELEMOSINIS VETERI VTRIVSQUE CAMPANAE AERE INTERFUSO HASCE QVINQVE CAMPANAS FVSORES RVFFINI REGII LEPIDI EFFORMARVNT A.V.E. MDCCLXIV. – RECTOR JOANNES BAPTISTA BORLENGHI I.V.D. ATQVE VICARIO FORANEO.

[14] “Catalogo della numerosa quantità di campane fatte dai fonditori Ruffini di Reggio di Lombardia in diverse parti d’Italia […]”. Interessante, per la panoramica delle molte zone interessate e per le chiese ed i comuni coinvolti.

[15]”PIIS AELEMOSINIS COMUNITATIS PAMPVRI A.D. MDCCLXVII FVSOR JOSEP RVFFINI REGGIENSIS” in questa piccola campana cominciano a comparire animali esotici come lo scorpione, bellissimo altorilievo nel quale ogni piccolissimo particolare sembra prendere vita, questo da l’idea dell’ottima capacità di fusione dell’artista. Delle due campane ne rimane una sola.

[16] Moglia di Gonzaga (Mantova) fonde a Mantova due campane una di pesi 84 e la seconda di pesi 44 (rispettivamente kg 650,24 e 345,84) con le note di FA naturale e LA nat.

[17] Il concerto di Cavedine dichiarato dal Tovazzi di cinque elementi, segna dal punto di vista dell’eleganza delle decorazioni il raggiungimento da parte dell’artista della piena maturità. Di queste campane ci rimane solo la maggiore salvatasi per il suo valore storico artistico dalle varie requisizioni. Emette nota musicale RE nat. ed era stimata sui 125 pesi trentini (kg 1050).

QVO FVGIET POPVLVS – VIGILI VNDIQVE CINCTVS AB OSTE – VIRGO BENIGNA TVVM? – SVMPTIBVS ECCLESIAE – POPVLIQVE – AVCTORE RVFINI CAMPANAS AVDIS DOCTI – MODVLAMINIS ANNO – QVO REGIT HVNC POPVLVM – PRIMO ROMEDIVS EBLI – CAVEDINI FUERAT SACRVM TIBI STEPHANE TEMPLVM – AST MODVS NON APTUM SACRIS – HOC VTILE NOBIS – CAMPANIS SPATIVM FUSO DEDIT AERE STRVENDIS. DIAPASON E SCALA DEI ORDINI DIATONICO CROMATICO ET ENARMONICO – IOSEP. RVFFINI. REGII FUN EXTRVXIT A D 1768.

[18] “MARIA MATER GRAZIAE MISERICORDIAE TU NOS HOSTE PROTEGI ET ORA MORTIS SOSCIPE DOMINE PROBASTI MENTEM SANCTIAM SPONTANEAM NON OREM DEO ET PATRIA LIBERATIONEM – AD LAUDEM DEI VIRGINISQUE MARIAE MATRIS EIUS AC SANCTORUM LAURENTE BERNARDIN HIERONIMI JOANNIS NEPOM. NICOLAI DETOLEN FRANCISCI ET SANCTAE EUROSIAE. EXPENSIS COMUNITATIS HOSTILIAE REGENTE DOMINO FRANCESCO BONAZZI PER USOS EIUS. ANNO DNI MDCCCLXIX PER IOSEPH RUFFINI REGI ET MANTUAE FONDITOR”. Le lunghe inscrizioni delle campane ruffiniane non intaccano la bellezza decorativa dei bronzi stessi essendo sempre disposte con caratteri piccoli in lunghe file.

[19] Il diapason della campana di Ostiglia è datato 1767, esso presenta alcune mancanze rispetto a quello riprodotto l’anno successivo e riportato anche sulla campana di Cavedine. A questo prototipo mancano alcuni elementi che avvalorano la tesi di un avvicinamenti del fonditore Giuseppe Ruffini agli ideali massoni arrivati in Italia dalle vicine Austria e Francia, che si succederanno tra l’altro al governo del regno Lombardo – Veneto da dopo la Campagna d’Italia intrapresa da Napoleone. Manca, in quello ostigliense, tutto il coronamento alto dello stemma con il sole e la luna, le stelle e il laccio con i nodi.

[20] “MENSIS COMUNITATIS HOSTILIAE DATO IOANNES DRAGHI A.D. MDCCLXX PER IOSEPH RUFFINI“. La campana si presenta con uno schema decorativo semplice senza stravaganze, tipiche dell’artista.

[21] Il concerto vecchio in scala diatonica maggiore della chiesa di S. Barnaba, al momento della sostituzione nel 1961. La storia risale a molto prima, infatti, la campana maggiore era una fusione della ditta Cavadini del 1869, mentre la terza campana del concerto era anch’essa una rifusione di una campana precedente, probabilmente la Ruffini che viene citata dal “catalogo”.

n° campana

Diam. mm

KG

Nota

A. D.

Fonditore

I

V tonica

1070ca

753,5

FA

Rif. 1896

Daciano Colbachini PD

II

IV sopratonica

950ca

497,5

SOL

1770

Giuseppe Ruffini RE

III

III modale

850ca

360,5

LA

Rif. 1869

Achille Cavadini VR

IV

II sottodominante

800ca

292,5

SI

1869

Achille Cavadini VR

V

I dominante

715ca

199,5

DO

1778

Giuseppe Ruffini RE

FILII DOLORIS MEI VESTEM SVSCIPITE SERVI ELEGI VOS DE MVNDO UT EATIS ET FRVCTVM AFFERATIS ET FRVCTVS VESTER MANEAT – MDCCLXX PRIORE ADM R. P. MRO. IOAN. ANGULO DE CASTRO SERV. M. CONVENT. S. BARNABAE – IOS RVFFINI FECIT.

IOSEPH RVFFINI FECIT – A FVLGVRE ET TEMPESTATE LIBERA NOS DOMINE – ANNO D. MDCCLXXVIII.

[22] Il Boni vedendo la campana al Museo Nazionale di Trento riporta uno schizzo del diapason, fornisce addirittura un’altra versione, nel suo articolo per la rivista culturale “Tridentum”.

[23] Sulla campana di Cavedine (Trento) vi sono entrambi gli stemmi in questione: lo scudo ed il diapason. Quest’ultimo nella sua parte centrale già descritto, raccoglie la maggior parte delle attenzioni in quanto molti sono i simboli che sopra vi sono raffigurati. La parte meno considerata è proprio quella prettamente araldica dove si analizzano le altre decorazioni presenti in entrambi gli stemmi citati. Lo scudo si presenta partito, ossia diviso verticalmente in due parti uguali: nella parte destra sta il leone rampante, e nell’altra una decorazione a fasce. Vediamo di dare una spiegazione a questi due elementi che poi ricorreranno anche sul famoso Diapason. Il leone si pone sull’arme rampante e non si blasona perché è la sua normale posizione. È il più nobile animale del blasone […] con la bocca aperta, la lingua sventolante, la coda ripiegata verso la schiena e la testa di profilo. Esso simboleggia la forza il comando la grandezza e la magnanimità. Sulla sinistra ci sono le fasce, otto in tutto ossia quattro in rilievo ed altrettante in profondità; un modo come un altro per distinguere i due elementi che avrebbero un diverso colore su uno stemma dipinto. Si blasona di otto pezzi. Nel blasone lo scudo fasciato si comincia a considerare sempre dallo smalto del capo (in questo caso specifico della prima fascia scavata in alto). Il fasciato può essere liscio o innestato come nel nostro caso e l’innestazione stessa viene suddivisa in cuneata, merlata o nebulosa. La terza categoria riguarda lo stemma di Giuseppe Ruffini e vale a dire che le due fasce adiacenti s’innestano le une nelle altre con ondulazioni molto sentite. Riepilogando la parte sinistra dello scudo è fasciata innestata nebulosa.

[24] Il grande concerto di Vallarsa fuso nel 1772 per l’inaugurazione della nuova torre campanaria della parrocchiale possiede le seguenti caratteristiche:

n° campana

Diam. mm

KG

Nota

A. D.

Fonditore

I

V tonica

1450

1950

DO

Rif. 1926

Giovanni Colbachini TN

II

IV sopratonica

1290

1292

RE

1772

Giuseppe Ruffini RE

III

III modale

1160

911

MI

1772

Giuseppe Ruffini RE

IV

II sottodominante

1000

600

SOL

Rif. 1926

Giovanni Colbachini TN

V

I dominante

710

300

DO

1772

Giuseppe Ruffini RE

VI

Ottavino tonica

600

150

MI

1772

Giuseppe Ruffini RE

CAMPANA HAEC CHRISTO DICATA PRO AGONIZANTIBVS AC MORTVIS EX ELEMOSINIS COFLATA EST A CELEBERRIMO FVNDITORE IOSEPHO RUFFINO GRATIS ANDREA PREZZI ARCHIPRESBITERO ANNO DOMINI MDCCLXXII – DOMINE IESVS CHRISTE LIBERA ANIMAS OMNIVM FIDELIVM DE POENIS INFERNI – TEMPORIS EXTREMAN SIGNO MORIENTIBUS HORAM HANC PRO SPIRANTI DANT PIA VOTI CHORI – REX TREMENDAE MAIESTATIS QVI SALVANDOS SALVAS GRATIS SALVAS NOS FONS PIETATIS – O MARIA MATTER MISERICORDIAE TV NOS AB OSTE PROTEGE ET HORA MORTIS.

LAVDO DEUM VERUM PLEBEM VOCO CONGREGO CLERUM DEFVNCTOS PLORO PESTEM FVGO – FESTAQVE HONORO – SOLO COMUNITATIS AERE IOSEPH RVFFINI FVNDITOR – ANTONIO NORILLER MASSARIO MDCCLXXII.

CHRISTVS AB OMNI MALO FVLGVER ET TEMPESTATE NOS SEMPER DEFENDAT – SACRA IGNEM NIMBOS FVNERA PROLEM NUNCIO PELLO CANO – SOLO COMUNITATIS AERE – ANDREA PREZZI ARCHIPRESBITERO – IOSEPH RVFFINI FVNDITORE – ANTONIO NORILLER MASSARIO – MDCCLXXII.

AERE COMVNITATIS ANDREA PREZZI ARCHIPRESBITERO – IOSEPH RVFFINI FVNDITORE – ANTONIO NORILLER MASSARIO – MDCCLXXII – porta un altro pezzo d’inscrizione che lo Zampetti non riporta.

[25] Tratto da: “Cenni storici su la chiesa di Villalagarina” (Trento). […]Terminata la chiesa, rivolse le sue cure al campanile; e alle tre campane, che avea, ne aggiunse altre quattro, fatte fondere in Trento da Giuseppe Ruffini di Modena, e benedire dal P. Vescovo Cristoforo Sizzo nell’anno 1775. Costarono fiorini 1925, e furono sonate pella prima volta nella pasqua del 1776. Si era da prima progettato di fare un concerto di Do profondo, col fondere due altre campane, di tono più basso di quelle che vi erano; ma tra perché si temeva che il campanile non le contenesse, e perché a qualcheduno non garbava gran fatto il tono minore che ne sarebbe uscito; si fece fare la quarta del Mi bemolle che abbiamo, la quinta, l’ottava e la decima; e n’uscì un concerto festoso che piace assai. […].

[26] ”ADI’ 29 LUGLIO 1776 – GIUSEPPE RUFFINI E’ ENTRATO A FAR PARTE DELL’ARTE COME CAMPANAR, FECE PAR SUA PROVA LA CAMPANA DI COLOGNOLA CHE PESA PESI CENTO E OTTANTA NELA SUA FORNACE NALA CASA DEL S° SANAINA. LA PROVA NOCIA FU ALA PREZENZA DELA BANCA E COSI’ FU BALOTATA A’LA PREZENZA DELL’ILL. S: CO. VICARIO E PIENI VOTI APROBATA NELA MAGNIFICA CASA DE MERCANTI E PAGO PER SUO INGRESSO                      L 37:4                                       +GIO’ BATTA ZARBARONI MASSARO

[27] Nel 1776 dopo la fusione di quella maestosa campana il Ruffini fuse per la stessa chiesa un concerto di otto elementi in scala diatonica maggiore. Sembra che una scuola di campanari si sorta in quel periodo, formando un ramo collaterale del sistema cittadino che secondo la tradizione è nato con l’installazione delle quattro nuove campane sul campanile di San Giorgio in Braida che con la maggiore preesistente creavano un insieme di note in modo diatonico che era piaciuto molto dopo l’inaugurazione delle campane di San Fermo, dove gli appassionati del campanò davano sfoggio della loro bravura. Questo concerto ruffiniano venne rifuso una prima volta dal fonditore veronese Antonio Selegari e nel 1874 nuovamente da Achille Cavadini vincendo la Medaglia d’oro all’esposizione di Vienna.

[28] Da recenti studi ancora in corso ad opera di Fabio Tomelleri, si è scoperto che il Ruffini non ha eseguito il concerto intero per le monache di San Giorgio in Braida. Lui ha solo suggerito di diminuire il peso delle campane rotte precedenti, per fonderne quattro nuove, da affiancare alla maggiore ancora in buono stato. L’errata idea suggerita dal Franzoni in Fonditori di campane a Verona dal XI al XX secolo, affermava che il Ruffini avesse compiuto il concerto armonico per intero e poi nel 1795 avesse rifuso la maggiore perché rotta. In pratica la maggiore che si è rotta nel 1794/5 non era quella del Ruffini ma bensì la campana cinquecentesca della probabile dinastia veronese dei Bonaventurini la quale, ha degnamente lavorato per più di cento anni.

n° campana

Diam. Mm

KG

Nota

A. D.

Fonditore

I

V tonica

1009

606

SOL

1795

Giuseppe Ruffini RE

II

IV sopratonica

891

450

LA

Rif.1852

Luigi II Chiappani VR

III

III modale

791

301

SI

1776

Giuseppe Ruffini RE

IV

II sottodominante

729

250

DO

Rif. 1955

Ettore Cavadini VR

V

I dominante

652

159

RE

1776

Giuseppe Ruffini RE

VI

Sestina sopradominante

593

125

MI

1843

Luigi II Chiappani VR

SOLI DEO HONOR ET GLORIA – SIT HOMEM DOMINI BENEDICTVM – AN MDCCXCV – GIVSEPPE RVFFINI FONDITORE.

PER SIGVM CRVCIS DE INIMICIS NOSTRIS LIBERA NOS DEVS NOSTER – A.D. MDCCLXXVI – IOSEPH RVFFINI FVNDITOR.

A FVLGVRE ET TEMPESTATE LIBERA NOS DOMINE – A.D. MDCCLXXVI – IOSEPH RVFFINI FECIT.

[29] Secondo i dati d’archivio della Fonderia Cavadini di Verona gli antichi concerti di campane potevano essere alla rinfusa ossia due campane piccole ed una maggiore, una campana piccola da richiamo ed una grossa per i funerali, tre campane in scala musicale (DO – RE – MI), tre campane in accordo (DO – MI – SOL), molte campane installate alla rinfusa senza precisa intonazione musicale. Successivamente comparvero i concerti in accordo maggiore (DO – MI – SOL – DO), e per ultimo il concerto diatonico (DO – RE – MI – FA – SOL ecc.) entrato nella tradizione italiana verso la seconda metà del XVIII secolo. Bisogna precisare che ogni zona aveva le sue caratteristiche anche nella disposizione delle note delle campane.

[30] La meravigliosa campana di Ossana, originariamente accompagnata da altre campane ora si trova sull’alta torre parrocchiale con quattro campane della fonderia Colbachini di Padova.

n° campana

Diam. mm

KG

Nota

A. D.

Fonditore

I

V tonica

1275

1250

MI b

1777

Giuseppe Ruffini RE

II

IV sopratonica

1156

880

FA

1955

Daciano Colbachini PD

III

III modale

1001

530

SOL

1955

Daciano Colbachini PD

IV

II sottodominante

937

430

LA b

1955

Daciano Colbachini PD

V

I dominante

839

320

SI b

1955

Daciano Colbachini PD

PETRVS MICHAEL EPISCOPVS SRI PRINCEPS TRIDENTI – REVERENDISSIMVS D. LVDOVICVS ROBORETI DE FREIBERG ARCHIPRESBITER – JOSEPH RVFFINI FVNDITOR FECIT 1777.

Il “berretto” o “ciambella” o “cielo maggiorato” è un espediente tecnico conosciuto dalla dinastia Ruffini e consiste nel creare una fascia tondeggiante sulla parte alta della campana detta “cielo”.

[31] Il Concerto in accordo armonico maggiore della Torre civica dei Lamberti in Verona è per dimensioni il secondo del Veneto dopo quello della Cattedrale della città scaligera. Nello specchio la situazione attuale dopo le ultime modifiche dopo la rifusione della Marangona rottasi nel 1829, con la rifusione della Baiona e l’eliminazione della trecentesca Consolata. La campana rimasta delle due fuse dal Ruffini è la minore.

n° campana

Diam. mm

KG

Nota

A. D.

Fonditore

I

I tonica

1831

4215

SI b

1557

Alessandro Bonaventurini VR

II

III modale

1297

1300

RE

1833

Giovanni Cavadini VR

III

V dominante

1080

750

FA

1833

Giovanni Cavadini VR

IV

VIII tonica

815

330

SI b

1779

Giuseppe Ruffini RE

MDCCLXXVIIII – IOSEPH RVFFINI REGII FVND OV.

[32] Il vecchio campanile del monastero di San Michele in Campagna custodiva due campane: la prima di Giuseppe De Levi detta “dei Morti” del 1594, la quale sostituiva una precedente, mentre la seconda del figlio Francesco De Levi del 1615. Il primo concerto di San Michele era composto da tre campane del fonditore cremasco Domenico Crespi fuse nel 1754 sempre su quel campanile, nel 1769 il fonditore Giuseppe Antonio Larducci rifonde la seconda campana o mezzana e dieci anni dopo viene rifusa dal fonditore Ruffini. Nel 1839 i Cavadini ne fondono cinque in FA magg. e nel 1889 cinque in DO maggiore entrambi i concerti vengono collocati sul nuovo campanile progettato dall’Arch. Giuseppe Barbieri. Nel 1925 viene collocata la sesta campana per completare il concerto.

[33] Giuseppe Antonio Larducci fonditore veronese è la figura più sfortunata in ambito fusorio. Le sue campane avevano breve vita e davano la possibilità al Ruffini di correggere i suoi errori. Ciò è testimoniato dai contratti per le fusioni di San Giorgio in Braida 1772, San Michele in Campagna 1769, Bovolone 1769 ecc. ultimo discendente della scuola veronese le linee delle sue campane riecheggiano gli eleganti bronzi rinascimentali dei Bonaventurini e dei Levi. Meravigliosa la sua unica opera rimasta di grandi dimensioni la campana grande del concerto di Santa Lucia Extra (Verona) in RE naturale probabile tonica di un gruppo di “sorelle” dello stesso artista.

[34] La dinastia dei fonditori Maffei di Trento ha nelle loro opere le campane più prestigiose della città dei Principi – Vescovi, i quali avevano dato al capostipite Pietro il diritto di privilegio sulle commissioni ecclesiastiche del vescovado tridentino. Con tale diritto Pietro fu uno degli autori del Vigili ovvero la campana maggiore del Duomo di Trento dedicato a san Vigilio, fusa nel 1753. Il figlio Leonardo ed il nipote Antonio fondono per la torre del palazzo Pretorio il campanone detto la “Renga” del 1789 tuttora esistente. Questo privilegio è stato rinnovato più volte ai Maffei ma sul finire del XVIII secolo non aveva più il valore di un tempo.

[35] L’unica campana rimastaci firmata dal Ruffini ed il suo allievo trentino Giovanni Chiappani figlio di Bartolomeo e fratello di Lorenzo e di Luigi tutti fonditori i primi in trentino e l’ultimo a Verona.

D. ANTON GRANDI D.D. – IOSEPH RVFFINI E GIOVAN CHIAPANI SVO ALIEVO F. A. MDCCLXXXIII”.

[36] Nella Fusione di Fiera di Primiero il Ruffini fuse le quattro campane in accordo armonico maggiore per la parrocchiale ed in più una per la chiesa della Madonna dell’Aiuto e due per Tonadico.

ILLMVS D.D. CHRISTOPHORVS DE CARNERI DOCT. ET ARCHIPR. PRIMIERI – STEFANINI PRAEFECTVS ET VICARIVS GEN.LIS.

GLORIA IN EXCELSIS DEO ET IN TERRA PAX HOMNIBVS BONAE VOLVNTATIS – IOS. RVFFINI FVDIT A.D. MDCCLXXXIV – ILL.MO CHRIST. DE CARNERI ARCHIPRESB. DOCTRINA AC PIETATE CLARO HVIVS OPERIS ZELANT.MO PROMOTORI C.P.P.I.

SIT NOMEN DOMINI BENEDICTUM EX HOC NVNC ET HVSQ. – IOS. RVFFINI FVD. A. MDCCLXXXIV.

LAVDATE PVERI DOMINVM LAVDATE NOMEN DOMINI – IOS. RVFFINI F. A. MDCCLXXXIV – C. P.

N. H. – B. M. – L. B. – D. A. M. – P. D. – DIVINVM AVXILIVM MANEAT SEMPER NOBISCVM – MDCCLXXXIV – IOS. RVFFINI F.

M. GIACOMO Q. GAVDENTI BVRN. ET CINDICO – IOSEPH RVFFINI F. A. 1784 – CHRISTOPHORVS STROBL BENEFACTOR MANT. Q. GIOVANNI DE LEONARDIS… ZENI MASSARI – BARTOLOMAEVS FORTVN. PASTORINI CVRATV SCOMVNIT.TONACIDI DEP. ASISTENS.

A FVLGVRE ET TEMPESTATE LIBERA NOS DOMINE – IOS RVFFINI FVDIT A. D. 1784.

[37] Per quanto riguarda il concerto di Bovolone, il sig. Tomelleri ha scoperto che il concerto di campane accordate in armonia esisteva prima dell’arrivo del Ruffini a nel paese, quindi è probabile che l’artista abbia solo rifuso una delle vecchie campane esistenti. Ciò nonostante le visite del Liruti affermano che sulla torre parrocchiale di Bovolone vi erano cinque campane in concerto del Ruffini fuse dopo il 1780.

n° campana

Diam. mm

KG

Nota

A. D.

Fonditore

I

IX tonica

1350

1366

DO

1867

Luigi I Cavadini VR

II

VIII sopratonica

1200

1001

RE

1884

Achille Cavadini VR

III

VII modale

1150

850

MI

1787

Giuseppe Ruffini RE

IV

VI sottodominante

1020

600

FA

1868

Luigi I Cavadini VR

V

V dominante

988

440

SOL

1893

Achille e Ettore Cavadini VR

VI

IV sopradominante

828

330

LA

1991

Enrico II Capanni RE

VII

III sensibile

755

240

SI

1991

Enrico II Capanni  RE

VIII

II tonica

728

195

DO

1991

Enrico II Capanni  RE

IX

I sopratonica

618

130

RE

1991

Enrico II Capanni  RE

X

0 modale

548

90

MI

1991

Enrico II Capanni  RE

ANNO DOMINI MDCCLXXXVII EXURCAM DILVCVLO CONFITEBOR TIBI IN POPULIS DOMINE – JOSEPH RVFFINI REGII FVNDITOR A.D MDCCLXXIX ET. SO..

[38] Il 27 novembre 1787 entra nell’arte dei Fabbri e dei Calderai Antonio Maria Partilora. Dopo essere stato il Garzone del Ruffini per più di dodici anni (viene chiamato garzone in un documento per le campane di San Giorgio in Braida) diventa collaboratore e socio a pieno titolo del maestro.

[39] La campana della torre del castello di Canneto sull’Oglio (Mantova) ha una storia molto antica. Essa esisteva già nella seconda metà del XV secolo. Rottasi nel 1484 se ne fece una molto più grande che suonò fino al secolo XVII quando si ruppe una seconda volta. La si rifece e questa espanse i propri rintocchi fino al 18 gennaio 1787. Una grande lite all’interno del Consiglio Comunale sulla disputa della fonderia, in quanto metà consiglio voleva rivolgersi alla ditta Giuseppe Maggi di Viadana (Mantova) mentre i rimanenti la volevano affidare ai Ruffini – Partilora perché a loro detta più esperti.

n° campana

Diam. mm

KG

Nota

A. D.

Fonditore

I

I tonica

1325

1350

RE b

1788

Giuseppe Ruffini RE e Anton Maria Partilora VR

II

II sopratonica

1130

900

MI b

Rif. 1950

Francesco Broili UD

DIE XIX JANVARI MDCCLXXXVII FRACTA DIE XXV JVNII MDCCLXXXVIII REFACTA – JOSEPH RUFFINI REGENSIS ET ANTONIVS MARIA PARTILORA VERONENSIS FECERUNT – PRO GRATIA CECIDI TRIBVIT MIHI PATRIA VITAM – GENTEM ACCERSO FERO TRISTIA LAETA CANO.

[40] Sul concerto di Roverchiara non si è sicuri della presenza effettiva delle cinque campane. Attualmente la tonica del concerto presenta un peso di 1018 kg fusa nel 1897 dalla fonderia Cavadini di Verona. Singolare è la presenza delle due campane superstiti in FA# e SOL con un distacco musicale di un semitono, però incuriosisce il fatto che la campana minore presenti il taglio del labbro per più di un centimetro di altezza del labbro stesso. La tecnica del taglio del labbro è usata dai fonditori per correggere le errate intonazioni, assieme alla limatura interna del vaso bronzeo. Non è da scartare l’ipotesi che la fonderia Cavadini abbia corretto l’intonazione di un probabile concerto di tre campane in MI maggiore, trasformandolo in un concerto in RE. Prima della fusione della campana minore c’era un altro bronzo di pesi veronesi 45 fuso nel 1715 del fonditore padovano d’origine e veronese d’adozione Lucio De Rossi essa presentava nota LA. Anche a Roverchiara il Liruti afferma che nelle sue visite contava cinque buone e grosse campane.

n° campana

Diam. mm

KG

Nota

A. D.

Fonditore

I

V tonica

1217

1018

RE

1897

Achille e Ettore Cavadini VR

II

IV sopratonica

1099

780

MI

1836

Antonio Selegari VR

III

III modale

983

550

FA#

1789

Giuseppe Ruffini RE e Antonio Maria Partilora VR

IV

II sottodominante

910

430

SOL

1789

Giuseppe Ruffini RE e Antonio Maria Partilora VR

V

I dominante

804

299,9

LA

1870

Achille Cavadini VR

CVIVS ANTONIVS LAVRENTIVS ORATE PRO NOBIS – VOX DOMINI IN VIRTVTE – A FVLGVRE ET TEMPESTATE LIBERA NOS DOMINE – JOS RVFFINI E ANT MAR PARTILORA FECE.

CVIVS NOMEN PETRVS DIFENDITE NOS – CONCORDIA PLVRIVM AE INDVSTRIA IOAN SIMONI A.V.F. NEC NON LAVRENTY FACCIONI PIORVM ELEMOSINIS A.D.M. MDCCLXXXIX – INTENDE VOCI MEA CVM CLAMABO – A FVLGURE ET TEMPESTATE LIBERA NOS DOMINE – DA HONOREM DEO – JOS RVFFINI E ANT MAR PARTILORA FECE.

[41] Il concerto di Casaleone (Verona) già dai primi anni del secolo XVIII è composto di cinque elementi. L’integrazione potrebbe essere opera del fonditore Pietro Antonio Partilora. Le due campane tardo ottocentesche della fonderia Cavadini sono rifusioni delle campane citate nelle visite pastorali del Liruti.

n° campana

Diam. mm

KG

Nota

A. D.

Fonditore

I

V tonica

1039

600

SOL b

1815

Pietro Antonio Partilora VR

II

IV sopratonica

911

400

LA b

1776

Giuseppe Ruffini RE

III

III modale

788

280

SI b

1878

Achille Cavadini VR

IV

II sottodominante

781

260

SI

1789

Giuseppe Ruffini RE e Antonio Maria Partilora VR

V

I dominante

658

160

RE b

1881

Achille Cavadini VR

VI

Sestina Sopradominante

615

130

MI b

1989

Enrico II Capanni RE

BENEDICT NOS DEUS PSAI GGUOIA ET OBLATIONES PAROETIANORUM IN ECCLESIA SANCTORUM CANTICUM NOVUM AN. 1776 JOS RUFFINI F – BENEDICAT NOS DEUS NOSTE – HAEG BLASIUM MEMINII TEMPI POPULIQUE PATRONUM.

PIORUM ELEMOSINIS ANN. MDCCLXXXIX – JOS. RUFFINI ET ANT. MARIA PARTILORA FECERUNT

[42] Per quanto riguarda gli allievi del Ruffini che formarono fonderie proprie si sa che il Cavadini aprì fonderia nei pressi di Montorio (Verona) nel 1792 / 93, mentre il Chiappani con tutta probabilità rilevò la fonderia trentina del maestro che all’età di circa settant’anni non se la sentiva più di spostarsi da Verona se non per alcune commissioni per la provincia. Già dal 1783 ca. il Chiappani fondeva campane per conto proprio dopo aver intentato cause e litigi con il socio – maestro. Tra le prime campane fuse dalla ditta Chiappani Bartolomeo ve né una per la Val di Non del 1790 dove l’impostazione delle decorazioni e di chiaro riferimento ruffiniano. L’allievo prediletto Partilora, morì all’incirca come il maestro, però il nipote Pietro Antonio aprì bottega in Verona, rilevando probabilmente gran parte del materiale della fonderia ruffiniana.

[43] Dal capitolo introduttivo dal Catalogo Ruffini si scopre la passione e i buoni propositi dei tre fratelli, Giacomo Giuseppe, Pietro Giovanni e Carlo, di insegnare a chiunque lo richiedesse tutte le tecniche di fusione dei metalli allo scopo di evitare i numerosi infortuni che erano frequenti nelle fonderie del tempo.

[44] Da ricerche intrecciate con l’esperienza del fonditore Luigi I Cavadini sappiamo che il Ruffini lavorava con un metallo molto sporco e granuloso. Nel contratto per la rifusione della campana seconda chiamata Scolastica per la chiesa di San Michele in campagna, al metallo della campana vecchia del Larducci lui ha aggiunto solo 10 libbre di Antimonio, vale a dire 3,33 kg su una campana del peso di 880 libbre (ca. 293,040 kg).

[45] Questo rigonfiamento sempre molto decorato diventa uno stilema decorativo riconoscibile del maestro. I suoi allievi noti non lo adoperano forse per l’eccentricità di tale ornamento che influisce sulla fonica del bronzo stesso alterando gli armonici naturali. La fonderia di Pietro Cavadini ha prodotto pochissime campane con questa caratteristica. Nel modenese però sia Carlo Ruffini che Serafino Golfieri adoperano questo elemento con grande maestria creando delle opere ammirate ancora adesso.

[46] Il catalogo è molto chiaro molte di più delle citate sono le campane del Ruffini delle quali non si sa niente, come non si conosce nulla sulla campana civica di Sermide (Mantova) che dovrebbe essere conservata all’interno della torre civica e invece se ne sono perse le tracce (è opinione del Cavadini che siano state rifuse la campana del padre Ettore e quella rotta del Ruffini durante la seconda guerra mondiale).  Chissà quali e quante altre campane si possono trovare sparse per le provincie citate, arricchendo così il “corpus” di questo artista.

Le tabelle mostrano alcune caratteristiche dei gruppi di campane chiamati concerti. La prima colonna è suddivisa in due parti nelle quali la prima mostra il numero effettivo delle campane esistenti mentre la seconda mostra le caratteristiche musicali di tali campane. Il numero romano della seconda colonna riguarda la terminologia campanaria che contraddistingue i concerti musicali veronesi dagli altri tipi di concerti non in uso nel veronese. Per la numerazione campanaria veronese si adotta la numerazione contraria all’andamento musicale (V = camp. Maggiore, I camp. Minore, la sestina invece è la campana più piccola e di solito era un’aggiunta al precedente concerto di cinque. Tale ragionamento va fatto anche sui concerti di otto o nove e più campane impostando come numero maggiore il IX).


*******

 

 

 

Giuseppe Ruffini, originario di Reggio Emilia, abita e lavora a Verona, dove aprirà una fonderia, di cui abbiamo notizie a partire dal 1776, nei pressi di Porta Nuova. Nella città, e non solo, si impose come maestro (o meglio “professore” come amava farsi chiamare) rivelandosi uno dei maggiori rinnovatori dell’arte della fusione.

Nel 1776, gettate già 28 campane per il solo Trentino, sappiamo fuse il bronzo maggiore per la chiesa di Colognola Veneta (di pesi 180) che utilizzerà come prova per poter accedere alla “Corporazione dei Calderai e Ferrari” veronesi, dove fu ammesso il 29 luglio dello stesso anno.

Lavorerà moltissimo non soltanto per la città scaligera: la sua fama, infatti, giungerà fino al Ducato mantovano ed al Principato Trentino.

Il fonditore diede un forte impulso all’affermarsi dei concerti di campane in scala grazie anche ai suoi studi sulla fonica; prima di Ruffini, infatti raramente le chiese possedevano più di tre campane. Contribuì inoltre all’introduzione di un nuovo modo di collocare e di suonare questi strumenti chiamato “sistema veronese”, ancor oggi attestato.

Dal punto di vista artistico diede un decisivo apporto nel rinnovare la ormai stanca decorazione dei bronzi sacri che dal XVI secolo si ripeteva pressoché invariata e vi introdusse la “ridondante” decorazione barocca. Le “trecce” della corona si arricchiranno di figure, la testata si rigonfierà cominciando ad assomigliare ad un cappello, i fregi e le iscrizioni non saranno più contenuti all’interno di una sola fascia. Il corpo della campana comincerà ad essere suddiviso in due parti dove verranno inserite le scene sacre sia contenute in cornici, sia libere e tutto il corpo verrà invaso da festoni. Anche il bordo inferiore non sarà mai lasciato libero ma ornato da cornici a motivi vegetali. Dal punto di vista stilistico, ho inoltre individuato un’ulteriore caratteristica del fonditore che spesso inserisce nei suoi bronzi piccoli animaletti in rilievo senza alcun nesso con la restante decorazione. Questi non sono costretti all’interno di cornici ma sistemati in libertà sopra un fregio o una linea di ripartizione quasi fosse il loro naturale appoggio.

Elemento di grande interesse è quello che viene definito lo “stemma araldico” del fonditore. Ruffini lo userà come “marchio di riconoscimento” per contraddistinguere le sue campane adottato al posto della semplice firma usata dai suoi “colleghi”. Venne inventato dal fonditore per rappresentare la sua arte e testimonia sia la sua cultura musicale sia la sua consapevolezza di essere un personaggio importante.

Suo collaboratore fu Anton Maria Partilora il cui nome comparirà accanto a quello del fonditore in alcune campane del veronese.

Ruffini morirà a Verona, nella parrocchia di S. Maria in Chiavica, il 24 ottobre 1801 lasciando due grandi allievi, Bartolomeo Chiappani e Pietro Cavadini, che segneranno l’epoca successiva lasciando pregevoli bronzi anche nella provincia di Trento.

INDICE

 

1755 tre campane per Vigo-Darè (due sono andate perdute, la mediana è stata venduta ed ora è a Pelugo);

1764 tre campane per Fondo;

1768 Cavedine, Torbole;

1772 Seo (Stenico), quattro campane per Vallarsa, Sclemo (Stenico, perduta), Museo diocesano (proveniente da Bondo, perduta), due campane per Cavrasto (Bleggio Superiore, perdute);

1773 Pelugo (perduta), Vigo Rendena (perduta);

1774 Albiano, Banco (Sanzeno);

1775 Seio (Sarnonico), cinque campane per Fondo (perdute), Rovereto (perduta);

1777 Bezzecca, Calliano, Malè, Ossana, San Vito (Pergine Valsugana), Rizzolaga (Piné), Castagnè (Pergine Valsugana, perduta), Ischia (Pergine Valsugana, perduta);

1779 Bordiana (Caldes), Lardaro (perduta);

1780 due campane per Ala, Medil (Moena);

1781 Cares (Bleggio Inferiore), Volano, Rovereto (perduta);

1782 Condino;

1783 Volano, Vigalzano (per cui lavora assieme all’allievo Giovanni Chiappani, Pergine Valsugana, perduta);

1784 cinque campane per Primiero, due campane per Tonadico;

1786 Roveda (Frassilongo, perduta);

1791 Cimone (perduta);

1796 Campana La#4 crescente, fusa con Antonio Maria Partilora censita in questo portale

1798 Rovereto (fusa a Montorio diocesi di Brescia da Pietro e Giuseppe Ruffini; perduta).

INDICE

 

Nel 1768 fonde la Campana di Torbole (La 4?)

Nel 1781 fonde la Campana Mezzanella e la Piccola del Maggiore della Cattedrale di Ferrara.

INDICE

 

Fratelli di Carlo con cui raccolsero i segreti di fonderia per evitare incidenti gravi durante le fusioni.

 

INDICE

 



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Bibliografia

 

Bib-ST-113 - Fonditori di campane a Verona dall’XI al XX secolo, di L. Franzoni (a cura di), Verona, 1979, Museo di Castelvecchio.

Bib-ST-339 - Monografia di Nicola Patria

Bib-ST-828 - Monografia di Luca Chiavegato

Bib-ST-829 - ASCSVR., Schedatura dei concerti di campane dei paesi citati

Bib-ST-830 -  Archivio dell’ex fonderia Cavadini di Verona, grazie alla cortesia di Luigi.

Bib-ST-831 - ASVr., Arte dei fabbri e dei calderai, reg. 2

Bib-ST-832 - ASVR., Monasteri soppressi provincia, San Michele in Campagn, reg. 82 c. 25; reg. 97 c. 64; reg.198 c.   ; reg. 208 cc. 87-88; reg. 216 cc. 83-84

Bib-ST-833 - ASVR., Monasteri soppressi città, San Giorgio Maggiore (in Braida), pr. 473

Bib-ST-834 - ASVR., Monasteri soppressi città, Santa Maria in Organo, reg. 399

Bib-ST-835 - ASVR., Ospedale dei S.S. Jacopo e Lazzaro alla Tomba, reg. 184.

Bib-ST-836 - ASVR., Ufficio di Sanità – Morti di città, regg. 80 e 99.

Bib-ST-837 - BCVr., Sonetti celebrativi delle campane delle chiese di Colognola ai Colli e Santa Maria di Zevio, calto

Bib-ST-838 - BCR, ACR Atti del Consiglio Comunale, Istrumento Ruffini per le campane, 177

Bib-ST-839 - BCR, G:M. BIASI, Per le nuove campane della chiesa parrocchiale di Vallarsa fondute dal celebre signor Giuseppe Ruffini reggiano, sonetto, ms.

Bib-ST-840 - BCR, C. VANNETTI, Opere Varie, opuscolo in copia, capitolo 8 Belle Art, ms.

Bib-ST-841 - Biblioteca Nazionale di Cremona, Catalogo della numerosa quantità di campane fatte dai fonditori Ruffini di Reggio di Lombardia in diverse parti d’Italia, Mantova, ed. Ospizio de’PP di S. Benedetto in Ognissanti, 1770.

Bib-ST-842 - Biblioteca Padri Francescani, G. TOVAZZI, Epistolario, vol. II, n. 410, ms.

Bib-ST-843 - Biblioteca Padri Francescani, G.TOVAZZI, Varie Inscriptiones Tridentinae, a cura di P. Remo Stennico, n. 540

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Bib-ST-848 - La Chiesa di San Pietro e la Statua della Madonna del Carmine, (a cura del) Comitato di gestione della biblioteca comunale di Caldiero, 1993

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Bib-ST-850 - Roverchiaretta 12-13-14-15-16 Luglio 1996, Festa della Madonna del Carmine, (a cura del) Comitato Festeggiamenti Roverchiaretta, Verona: 1996.

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Bib-ST-698 - G. CHINI, Ruberie austriache a Rovereto, i ladri di campane, in “Alba Trentina”. Trento, 1920.

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Bib-ST-860 - A. PASTORE [e altri], L’ospedale e la città, cinquecento anni d’arte a Verona. Sommacampagna, ed. Cierre, 1996.

Bib-ST-861 - R. GIRGETTI, Campane e fonditori in Toscana, Poggibonsi,  Arti Grafiche Nencini, 2005

Bib-ST-862 - R. MARONI [e altri], Strumenti Musicali del Trentino, in “Voci della terra trentina”, vol. IV. Trento, 1968

Bib-ST-561 - S. RODOLFI, Il Restauro dell’organo di Eugenio Bonazzi (1878) e le campane della chiesa di Gombola, Reggio Emilia, ed. la nuova Tipolito–Felina, 2001.

Bib-ST-560 - S. RODOLFI, L’organo di Giovanni Battista Sona e le campane delle chiesa di Santa Caterina a Concordia. Reggio Emilia, ed. La nuova Tipolito–Felina, 2004.

Bib-ST-531 - S. RODOLFI, L’organo e le campane di Olina. Reggio Emilia, ed. Tipolito–Felina, 2002.

Bib-ST-863 - Simboli, collana “Le Garzantine” curato da Hans Biedermann. ed. Garzanti 1991 ristampa 1999.

Bib-ST-864 - V. BOTTURA, Calliano Villaggio Illustre alla Sinistra dell’Adige, Trento, ed. Tipolitografia Dalpiaz, 1991.

Bib-ST-865 - V. INAMA, Fondo e la sua storia, Rovereto, ed. Tipografia Mercario, 1931.

Bib-ST-866 - Consulenze di Luigi Cavadini, ex fonditore di campane.

Bib-ST-867 - Consulenze di Fabio Tomelleri, studente di lettere alla facoltà di Verona che ringrazio anche per avermi permesso di visionare documenti da lui analizzati per la sua tesi di laurea.

Bib-ST-868 - Consulenze di Sauro Rodolfi, musicista e storico emiliano.

Bib-ST-869 - Consulenze di Vittorio Peron e Renato Odorizi.

Abbreviazioni:

ASCSVR = Associazione Suonatori di Campane a Sistema Veronese

ASVR = Archivio di Stato di Verona

ACR = Archivio Comunale di Rovereto

ASCDVR = Archivio Storico della Curia Diocesana di Verona

BCR = Biblioteca Comunale di Rovereto

BCVr = Biblioteca Civica di Verona.

 

 

 

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